You are currently browsing the monthly archive for gennaio 2025.

Antonio di Gennaro, La Repubblica ediz. Napoli 22 gennaio 2025
A distanza di due settimane dallo scatenarsi del fuoco, gli incendi di Los Angeles continuano ad occupare le prime pagine della stampa internazionale, ed è una cosa che ci riguarda da vicino.
Il bilancio per la città californiana è tra i più pesanti di sempre: 27 persone decedute, 15.500 ettari bruciati, 90.000 abitanti evacuati, 12.000 edifici distrutti, per un danno stimato intorno ai 150 miliardi di dollari.
Di fronte al disastro, l’urbanista Aaron Paley studioso della storia sociale della città, intervistato da Corine Lesnes per il quotidiano Le Monde, non usa mezzi termini: “Quello che sta per succedere al mondo intero è visibile sulla mappa della città… È la fine di un’era. Siamo a un punto di svolta. Quello che sta succedendo in questo momento qui a Los Angeles non è come un normale incendio. È come una guerra.”
Il fatto è che Los Angeles non è un posto come un altro, sotto molti punti di vista. In un suo articolo sul New York Times sui rischi del cambiamento climatico, Soumya Karlamangla ricorda innanzitutto come la California sia uno dei cinque posti nel mondo con un clima mediterraneo: gli altri sono il Cile centrale, l’Australia sud-occidentale, il Sud Africa, poi naturalmente il bacino del Mediterraneo, dove viviamo noi.
Si tratta ecosistemi assai particolari, che coprono solo il 2% della biosfera ma ospitano il 20% delle specie vegetali conosciute. La loro specificità è l’adattamento al fuoco: in queste terre l’inverno piovoso è seguito da una lunga estate arida, durante la quale l’incendio della macchia e della foresta sempreverde è un evento ordinario, anche al di là della presenza umana. Le comunità vegetali si sono adattate, con una serie singolare di meccanismi di ripresa post-incendio, tra i quali la germinazione dei semi, che avviene solo dopo che il seme è stato esposto ad alte temperature.
Queste cose le sappiamo da tempo ed è per questo che Oliver Wainwright può scrivere su The Guardian che gli incendi di L.A. sono stati “uno spettacolo scioccante e triste, ma anche del tutto prevedibile. La colpa è stata attribuita in vari modi alla cattiva gestione dell’acqua e ai tagli al budget del dipartimento antincendio, ma poco si sarebbe potuto fare per fermare questi incendi. Dopo un secolo di sviluppo urbano sbagliato e di flagrante disprezzo per il cambiamento climatico, era solo una questione di quando si sarebbero accesi.”
L’incendio più esteso ha riguardato il quartiere residenziale di Palisades, con le abitazioni monofamiliari disperse nella vegetazione – un miscuglio architettonico mozzafiato di edifici modernisti, Beaux-Arts, Spanish Revival, Craftsman, Art Deco, vittoriani, postmoderni e contemporanei – sottovalutando completamente il fatto che “le cose che rendono così attraenti le case da sogno di questa città baciata dal sole – paesaggi lussureggianti, pittoresche costruzioni in legno, terreni rialzati e stradine strette e tortuose – sono le stesse che le rendono così infiammabili. Creano inferni ardenti che, come abbiamo visto, sono tragicamente difficili da estinguere.”
Insomma, quella che è andata a fuoco è una sterminata dispersione insediativa, tutta autorizzata e incentivata, proprio all’interno della “fire belt” la cintura verde di protezione contro il fuoco, quella che nel 1930 Frederick Law Olmsted Jr, progettista del sistema dei parchi statali della California, proponeva, in un piano poi dimenticato in un cassetto, fosse preservata per questioni di sicurezza come parco pubblico.
“Certo, il rischio naturale esiste” conclude Audrey Garric su Le Monde dello scorso 16 gennaio “ma sono le scelte di urbanizzazione, di pianificazione del territorio e di politiche pubbliche, e il contesto socio-economico che lo trasformano in catastrofe. L’esposizione e la vulnerabilità derivano da decisioni umane. Sotto l’effetto della pressione demografica, le autorità di Los Angeles hanno costruito massicciamente in aree soggette a incendi, con case costruite ai margini della foresta e spesso con impalcatura in legno.”
Fatte le debite proporzioni e distinzioni – la Grande Los Angeles è un sistema metropolitano grande come metà Campania, il solo incendio del quartiere di Palisades copre una superficie di 10.000 ettari, come se fosse andato in fumo l’85% dell’intera città di Napoli – quello che è successo in California riguarda anche noi. Nel Mediterraneo di casa nostra l’ultimo momento drammatico, dal Portogallo alla Grecia, è stato l’agosto 2017, ce la vedemmo brutta, con le pinete del Vesuvio in fiamme, in Campania in quell’anno bruciarono 14.000 ettari. Per il resto la diagnosi, la radice del problema è la stessa: il mosaico disordinato e incontrollato di città, boschi e campagne, che ha origine certo diversa dai quartieri esclusivi di Los Angeles, ma è ugualmente, dannatamente pericoloso.

Commenti recenti