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Antonio di Gennaro, pubblicato su Repubblica Napoli del 29 marzo 2016 con il titolo: “Ma anche il governo ha le sue colpe”

Il sindaco De Magistris continua a utilizzare la vicenda di Bagnoli come spot di campagna elettorale, all’insegna del suo zapatismo in salsa partenopea, ma sbaglia il governo a fornire semplificazioni di segno opposto. Se qualcosa abbiamo appreso dalla lezione di Bagnoli, è che l’intera filiera istituzionale non ha funzionato, e le responsabilità non stanno tutte da una sola parte. Le inconcludenti attività di bonifica, ad esempio, hanno sempre mantenuto una ferrea regia ministeriale. L’erogazione dei fondi, è proceduta a singhiozzo, in funzione dei cambi di governo, a Roma come a Santa Lucia. La società di trasformazione urbana, poi, è partita con il piombo nelle ali, senza l’indispensabile partecipazione dell’imprenditoria privata, ma c’era una legge regionale, la 16, che di fatto non la favoriva. A palazzo S. Giacomo poi, dopo lo sforzo per redigere il piano, qualcuno ha pensato che l’attuazione procedesse in automatico, senza un quotidiano controllo e sostegno del sindaco, della giunta, del consiglio. Il dialogo pubblico che era stato il motore del piano, si è interrotto subito dopo l’approvazione, sequestrando l’area di Bagnoli  per un decennio.

Se vogliamo essere onesti, non possiamo raccontare Bagnoli solo come un fallimento locale. Il recupero dell’area industriale è la più grande operazione di questo tipo che sia stata tentata in Italia, la valenza è di scala nazionale, come anche le responsabilità e le competenze, ed è l’intera filiera repubblicana, dallo stato centrale al governo cittadino, che si è mostrata inadeguata. Anche le leggi nazionali sulla bonifica, con la loro impostazione ideologica, nella loro concreta applicazione non hanno funzionato, puntando a una velleitaria palingenesi ecologica, anziché una sobria messa in sicurezza, come si fa in tutti gli altri paesi avanzati. La lezione, quindi, riguarda tutti, l’attrezzatura istituzionale e amministrativa del paese nel suo complesso, a nessuno conviene proporsi come attore salvifico.

Tutto sta a capire ora quando finirà la rappresentazione inconcludente che si tiene davanti ai nostri occhi. Probabilmente con l’insediamento del nuovo governo cittadino, bisognerà vedere quale. Per ora, tutti lavorano alacremente per rafforzare l’amministrazione in carica. La sensazione, è che la credibilità del Partito democratico sia stata erosa più dall’evanescente ruolo svolto in città e in consiglio in questi cinque anni, piuttosto, che dall’esito politico delle primarie. La proposta politica dei 5Stelle appare imbarazzante, mentre il centrodestra sembra anch’esso in piena fase di auto-sabotaggio.

La verità, è che dopo cinque anni di inconcludente stand-by, il Comune ha in sostanza dismesso il suo ufficio di piano. C’è dunque una capacità amministrativa locale che, al di là degli slogan, è inesistente e va completamente ricostruita. Si tratta di una cosa che non riguarda Napoli, ma il governo e il paese ne suo insieme. Le cose decise nel chiuso delle stanze romane non hanno mai funzionato, il governo ha bisogno di un interlocutore locale affidabile, operativo. Per questo, sarebbe bene, nell’interesse di tutti, che la cabina di regia si insediasse stabilmente qui, a Bagnoli, sarebbe il primo intervento concreto di recupero dell’area.

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Tempo fa Edoardo Salzano mi ha chiamato da Johannesburg, tra le altre cose mi ha chiesto una riflessione sulle vicende campane per Eddyburg.

Per chi non lo conoscesse, Eddyburg è il più importante e visitato sito italiano sulle cose urbanistiche, e non solo. Su queste materie, è anche probabilmente l’archivio più ricco disponibile in rete.

Il motto del sito è bell0, ed è tutto un programma:  “Urbs, civitas, polis”. L’urbanistica considerata nell’aspetto fisico della città (urbs), nella vita della comunità che la abita (civitas), nell’organizzazione politica che serve a governarla (polis).

Visitate Eddyburg, se vi va. Il link all’articolo è qui.

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E’ appena un momento, che il mondo è ancora tutto nero, e la luce resta solo nel cielo.

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Ottavio Ragone, Repubblica Napoli 11 marzo 2016

Le primarie di domenica 6 marzo hanno parlato e hanno detto alcune cose molto chiare. Bisogna decifrare questi segnali politici sotto il frastuono delle polemiche, oltre gli «esecrabili comportamenti» – sono parole dello stesso Partito Democratico – davanti ad alcuni seggi, ovvero il deprimente scambio di denaro soprattutto in quartieri della periferia. Il primo messaggio delle primarie è che Antonio Bassolino dopo il suo lungo calvario umano e politico ha ancora un rapporto forte con la città. Ma non tale, probabilmente, da raccogliere i consensi necessari per diventare sindaco. Quelle tredicimila schede nero su bianco consentono finalmente di capire, in primo luogo all’interessato, quale peso abbia oggi e quanto la sua figura intercetti le aspettative della città, oltre le legittime esigenze personali di riscatto e risalita dall’ingiusto baratro in cui era precipitato.

La traiettoria politica di Bassolino non è finita, anzi. Ma non sale più, se misurata con il metro del consenso popolare. L’ex sindaco può sostenere – come del resto sta facendo in queste ore – che ha perso perché i fedelissimi di Valeria Valente, lei del tutto inconsapevole, avrebbero imbrogliato in alcuni seggi decisivi. Quattrocentocinquanta voti di scarto sono pochi e si prestano alla disputa a colpi di ricorsi, come in effetti sta accadendo.

Tuttavia se il ritorno in campo di Bassolino dopo tanti anni avesse sprigionato l’energia civica che lui stesso auspicava, valicando gli angusti confini del partito, l’ex sindaco avrebbe surclassato la Valente ben oltre i seggi contesi di San Giovanni, i tradimenti veri o presunti dell’amico-nemico Antonio Borriello, le guerre fratricide e tutto il triste “epos” democratico, l’infinito scontro che ormai appassiona ben poco i cittadini. Quell’attitudine belligerante, diretta scaturigine di antiche vicende politiche, incomprensibile soprattutto ai più giovani.

L’«effetto Bassolino» non c’è stato, perlomeno non nei termini desiderati dai suoi sostenitori, né realisticamente poteva esserci in una città molto cambiata. Tornato da alcuni mesi sulla scena politica, l’ex sindaco adesso l’ha conquistata ancora di più. Ha una sua evidente forza con cui il centrosinistra dovrà fare i conti, considerato che l’uomo si è trovato contro quasi tutto l’apparato del partito e per poco non ha vinto. Però, appunto: non ha vinto. Agli occhi dei napoletani non è il Bassolino di una volta e non lo sarà più.
Quella storia è finita e ora può nascerne un’altra, ma diversa.

Spingendosi oltre questo limite come legittimamente potrebbe fare qualora si candidasse e presentasse una lista civica – Bassolino potrebbe in teoria liberare un nuovo entusiasmo civico. Oppure – ed è invece l’ipotesi più probabile – imboccherebbe una strada secondaria che non conduce a Palazzo San Giacomo, nel disastro generale del centrosinistra.

Bassolino ha ragione da vendere quando rivendica il rispetto per la sua storia. Il Pd ha commesso pesanti errori nei suoi confronti e non potrà più fare finta che lui non esiste, quasi rimuovendolo come se fosse una presenza imbarazzante. Chi ha intelligenza politica non può sentirsi giudicato da dilettanti. Ma l’ex sindaco sbaglierebbe se, per desiderio di rivalsa o per regolare annosi conti politici, sovrapponesse la sua vicenda a quella di una città che non sente più il richiamo del passato. Si respira un desiderio di aria nuova che allo stato solo i Cinque Stelle potrebbero intercettare e in parte ancora de Magistris, sebbene assai più debole del 2011. In questa possibile corrente ascendente il Pd, finora, non si è nemmeno posto. Anche la destra di Lettieri ha più chance.

Il secondo messaggio delle primarie, tuttavia, è che il centrosinistra ha ancora una sua ragion d’essere. Trentunomila votanti non sono un boom ma neanche pochi, in tempi di generale disaffezione alla politica. È perfino sorprendente questo risultato dopo cinque anni di inesistente opposizione al sindaco. Il Pd non ha tirato fuori uno straccio di idea e Matteo Renzi in prima persona sta cercando di colmare il vuoto con Bagnoli, gli investimenti della Apple, le Universiadi e altri scelte che forse verranno. Questa base di consenso, ancorché modesta per la comprensibile delusione accumulata in tanti anni da militanti e cittadini, potrebbe perfino condurre il centrosinistra al ballottaggio, ma solo a patto che il Pd sia unito e utilizzi i pochi mesi che mancano alle elezioni per aprire una grande e seria discussione con la città sul programma. Le polemiche al limite dell’insulto raccontano che l’unità è già una chimera e forse è tardi per rimettere insieme i cocci di una coalizione esplosa in primo luogo sul piano dei rapporti personali.

Se poi vincerà la ragion politica e se questo sarà sufficiente almeno per agguantare il ballottaggio, si vedrà nei prossimi giorni e mesi.

Il terzo e forse principale messaggio delle primarie è che Napoli è stanca. Non ne può più delle beghe del Partito Democratico, dell’esplosione di odii antichissimi, dell’avvilente spettacolo di primarie, i cui veleni si spargono intorno per anni, macchiando una città incolpevole.

Gli scontri di partito non si consumano sulla pelle di una città.

Servono norme chiare per le primarie e uguali per tutti in Italia, ma nel frattempo il Pd e i suoi leader tutti i leader, i vecchi e i nuovi – devono rendersi conto che Napoli chiede una proposta politica chiara per valutarla assieme alle altre in campo, e poi scegliere. La città avverte ben altre urgenze, non ha alcuna intenzione di rileggere l’inconcludente romanzo di un odio senza sbocchi.

Le primarie hanno parlato, bisogna ascoltarle.

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Raffaele Sardo, Repubblica Napoli del 6 marzo 2016

“Non c’è alcuna correlazione tra le morti per tumore e i prodotti agricoli coltivati sui terreni della Campania». Il professor Massimo Fagnano del dipartimento di Agraria della Federico II emette la sua “sentenza” presentando la ricerca effettuata per valutare la qualità e la salubrità dei suoli e dei prodotti ortofrutticoli del comune di Casal di Principe. Nella sala consiliare c’è anche il primo cittadino, Renato Natale, insieme all’assessore all’Ambiente Mirella Letizia e al consigliere Mario Schiavone. Per la ricerca sono stati prelevati 50 campioni di suolo e di prodotti vegetali in diverse aziende del comune e consegnati a tre diversi laboratori indipendenti.

«I dati che presentiamo oggi — spiega il professor Fagnano — confermano le campagne di monitoraggio fatte non solo dall’università di Napoli, ma anche da altri istituti, su tutti i terreni della Campania. Viene fuori che sinora c’è stata un’azione di depistaggio, magari in buona fede, da parte di chi ha messo sotto accusa i cavolfiori e i pomodori, mentre nessuno ha indagato sull’aria che respiriamo». Dall’analisi dei dati risulta che nessuno dei 50 campioni vegetali analizzati ha superato il limite di legge previsto dalla legislazione comunitaria. Questo risultato è confermato anche dalle analisi effettuate dall’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno. Per quanto riguarda altri inquinanti organici, non ne sono state rilevate tracce. Dei terreni analizzati, una piccola percentuale presenta valori di berillio, tallio e vanadio più alti di quelli previsti dalle norme di legge. «Ma tali valori — spiega Fagnano — sono da attribuire alla natura geologica dei suoli». Una piccola percentuale dei campioni presenta valori superiori relativamente all’arsenico, al selenio e allo zinco. «Questi superamenti — ha spiegato ancora il professor Fagnano — potrebbero essere dovuti alla natura vulcanica dei suoli. Ma per nessuno di questi campioni è stato rilevato un accumulo nei prodotti vegetali».

Pubblicato su Repubblica Napoli del 6 marzo 2016 con il titolo: “Dossier di Agraria su frutta e verdura: Nessun legame con i tumori

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Le primarie, poverine, non c’entrano. Le avevamo pensate quando credevamo che i partiti ci fossero ancora, ora è diverso. In fondo sono uno specchio, ci restituiscono l’immagine di ciò che siamo: una comunità, eterogenea e scombinata quanto vogliamo, che si sforza ancora di scegliere insieme una linea e un leader; o una guerriglia tra consorterie, l’una contro l’altra armata, che non condividono niente. Con quest’orchestra di pensieri nella testa, mi accingo a mettermi in fila, al seggio.