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Il romanzo della periferia dimenticata. Una storia di cinquant’anni fa che ci parla di problemi non ancora risolti

Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli 16 maggio 2023

Si presenta domani, presso la sala “Silvia Ruotolo” in Via Morghen 84, alle ore 17.00, il romanzo di Pio Russo Krauss “Come la luce dell’alba”, La Valle del Tempo Edizioni. Intervengono con l’autore, oltre al sottoscritto, Silvio De Majo, docente di Storia contemporanea e Storia economica presso l’Università Federico II di Napoli, e Paolo Siani, coordinatore del tavolo “Infanzia e Adolescenza” del Comune di Napoli e consigliere della fondazione “Giancarlo Siani”. Titti Pepi leggerà brani del romanzo.

Il romanzo è la storia di un giovane sacerdote, padre Sergio, nella Pianura di cinquant’anni fa, il momento in cui la vita collettiva del casale agricolo millenario viene sconvolta dall’ingresso brusco e drammatico nella modernità, che in queste campagne ha il volto dell’abusivismo, la costruzione febbrile, al di là di ogni regola, sulle terre nere più fertili del globo, di un intero quartiere-città che nessun piano aveva previsto, che oggi ospita più di 40.000 abitanti.

All’inizio del romanzo c’è il cadavere di un colono, s’è impiccato a Masseria Grande nella rimessa scalcinata dietro il vecchio noce, il giovane prete è lì davanti al povero corpo penzolante, impietrito, tra le donne che gli implorano distrutte una benedizione. Scoprirà presto che alla base del suicidio c’è un ricatto spietato, emissari dei costruttori stanno girando i poderi obbligando i coloni analfabeti a sottoscrivere subdolamente lettere di scioglimento del contratto secolare di mezzadria.

Inizia così, drammaticamente, la presa di coscienza di padre Sergio, e il libro è la storia dell’impegno di questo prete ragazzo per organizzare una difesa degli agricoltori minacciati, il suo tentativo di fare della parrocchia dei Frati Agostiniani, in mezzo al casale dimenticato, un luogo di accoglienza e riscatto, scotendo dal torpore confratelli e superiori, aggregando i giovani, aprendola ai bambini delle baracche senza acqua e senza servizi, per un minimo di doposcuola, una visita medica, un’attenzione sconosciuta.

Tutto questo nella Napoli del 1973, una città ribollente di nuovi fremiti e antichi contrasti, che Russo Krauss riesce assai bene a rendere e ricostruire, tra l’epidemia di colera, il referendum sul divorzio, il declino industriale a est e a ovest, l’ascesa delle sinistre e le resistenze democristiane, ancora poco e sarebbe iniziata l’esperienza esaltante e difficile della giunta Valenzi.

Ancora, sono gli anni nei quali inizia a imporsi la questione ambientale, della prima crisi petrolifera, l’austerità, le domeniche a piedi. Nella Chiesa cattolica è il tempo esaltante dell’apertura post-conciliare, del rinnovamento liturgico, della richiesta da parte dei laici di nuovi ruoli e responsabilità, nuovi modi di vivere ed esprimere la stessa fede.

Nel romanzo di Pio Russo Krauss ci sono tutte queste cose, attraverso la storia quotidiana, come l’avrebbero raccontata Manzoni o Tolstoj, del gruppo di uomini e donne che attorno a padre Sergio sono chiamati alla scelta decisiva tra il lasciar correre e il mettersi in gioco, andando controvento, contro l’inerzia delle istituzioni, lo scetticismo maggioritario, la spietatezza degli interessi. Ma anche la difficoltà di far lavorare e dialogare insieme su obiettivi comuni di riscatto – è una delle fatiche maggiori che Sergio dovrà affrontare – le diverse forze del cambiamento possibile.

Il finale è aperto: come è inevitabile, padre Sergio si troverà da solo a rispondere delle sue scelte, tra queste l’amore per la ragazza che ha scelto di stargli accanto in mezzo alle difficoltà; pagherà tutti i prezzi, ma l’impegno e la fede resteranno.

In questo libro la storia ti prende e non ti lascia più, e ti accorgi alla fine che con il suo romanzo Pio Russo Krauss è riuscito in un’impresa non semplice: ricordare che ci sono momenti decisivi nella vita della città e degli uomini che la abitano, nei quali hai la sensazione che la storia possa cambiare il suo percorso; riconoscere oggi che le domande e le urgenze rimaste sul tavolo, sono ancora quelle alle quali allora non riuscimmo a dare una risposta.

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