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tiro a volo 21-5-15

foto di Maria Messina

Antonio di Gennaro, 23 maggio 2015

 

Servirà la nuova legge sugli “ecoreati” ad affrontare con più energia ed efficacia i problemi della Terra dei fuochi? I dubbi sono molti, e a ragione. La nuova formulazione dell’articolo 452 bis del Codice penale che ridefinisce il reato di inquinamento ambientale sembra fatta apposta per alimentare un contenzioso infinito, perché il reato sarà perseguibile solo nel caso di un deterioramento “significativo e misurabile” dello stato preesistente “delle acque o dell’aria, o di porzioni estese e significative del suolo e del sottosuolo”.  Non ci siamo proprio: come si farà a decidere fino a che punto un deterioramento deve essere ritenuto significativo? E quanto deve essere estesa la superficie di suolo vulnerata perché si configuri il reato? Il lavoro per gli avvocati e i periti di parte è assicurato per i decenni a venire.

Insomma, la formulazione del testo di legge non convince per nulla, e viene da pensare a questo punto, con tutte e due le camere ancora nel pieno delle funzioni, che forse il mono o bi-cameralismo devono entrarci poco con la qualità dei provvedimenti legislativi, se si continua a produrli – era già successo con il decreto “Terra dei fuochi” – con l’obiettivo di rassicurare l’opinione pubblica e di veicolare annunci, piuttosto che di risolvere i problemi.

Un modo differente, più diretto ed  efficace per affrontare le cose c’era, e consisteva nel separare il comportamento illecito dalle conseguenze provocate sull’ecosistema. Mi spiego. Smaltire rifiuti in un suolo agricolo dovrebbe essere considerato un reato in sé, una cosa eticamente, socialmente, economicamente e giuridicamente inaccettabile, a prescindere dall’eventuale contaminazione, che dovrebbe costituire eventualmente un’ aggravante. Il suolo è una cosa seria, la natura impiega migliaia di anni per fabbricarlo, è una risorsa non rinnovabile da trasmettere ai nostri eredi,  che deve essere rispettata ed impiegata per gli usi agricoli e forestali sostenibili. Punto. Se interro rifiuti devo essere sanzionato a prescindere dalle conseguenze ambientali, più o meno misurabili, significative, estese. E anche a prescindere dalla capacità dei sistemi ecologici ed agrari di difendersi dagli oltraggi, attraverso meccanismi attivi di immobilizzazione, degradazione, assorbimento selettivo dei potenziali contaminanti, che per fortuna esistono, e costituiscono entro certi limiti il “salvavita” dell’ecosistema. La capacità della natura di difendersi non può essere considerata un alibi per i criminali.

Nei precedenti interventi su questo giornale ho più volte stigmatizzato la paranoia mediatica che si è scatenata sui prodotti agricoli della nostra povera pianura, rivelatasi del tutto infondata, se alla fine il 100% dei controlli è risultato sano. Ma prendere le difese del settore agricolo della piana campana non significa minimizzare la portata dei comportamenti illeciti. Al contrario. L’agricoltura della piana campana non può sopportare l’oltraggio dei rifiuti, né piccolo né grande, non ci sono soglie pseudo-scientifiche di significatività che tengano, quanto piuttosto soglie robuste di civilità, responsabilità, controllo sociale, ragionevolezza.

Pubblicato su Repubblica Napoli del  29 maggio 2015.

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