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Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli del 14 agosto 2025, foto di Luca Ciardiello

Un viaggio oltre la città, per foreste vetuste, antichi giardini, arboreti secolari della Campania, alla scoperta di luoghi storici un po’ diversi dagli altri, che non sono fatti di pietra ma di rami e foglie: scrigni silenziosi di memoria, che sono anche depositi di biodiversità e bellezza, di segnali e risorse buone per il futuro.

La prima tappa è a Valva, piccolo borgo arrampicato sui versanti della valle del Sele, poco più di un’ora da Napoli, lasci l’autostrada a Contursi e prendi la superstrada per Lioni, una delle strade-paesaggio più belle della Campania. La piazza del paese è una terrazza che si affaccia sulla valle, il paesaggio è notevole, ed è qui che trovi l’ingresso al Parco di Villa d’Ayala-Valva, un luogo magico, te ne accorgi dopo pochi passi nella foresta secolare, sembra di stare nel bosco di E.T. l’extraterrestre, con gli alberi enormi e gli uomini che diventano piccoli piccoli. Oppure nel mistero di una cattedrale gotica, dove i tronchi monumentali sono i pilastri di un’architettura altissima, solenne, col sole che filtra appena tra le vetrate verdi del fogliame.

L’occasione per la visita è la conclusione dei lavori di restauro del Parco, grazie alle risorse del bando “Giardini storici” del PNRR. Un progetto quello di Valva che si è fatto apprezzare a scala nazionale, per la scelta di mettere al centro il patrimonio arboreo, l’architettura vivente, oltre che quella costruita, con un’attenzione particolare alle condizioni di salute e stabilità di ciascuno degli alberi secolari, riconosciuti come monumenti fondamentali del Parco, accanto alle statue, le fontane, l’elegante dimora nobiliare.

La storia del Parco inizia alla fine del ‘700, per iniziativa del marchese Giuseppe Maria Valva, ministro di Ferdinando IV di Borbone per i Ponti e le Strade del Regno, che volle realizzare proprio qui, nel borgo minuscolo che la sua famiglia governava dal tempo dei Normanni – tra oliveti, vigneti e campi di grano – qualcosa di simile alle regge borboniche di Caserta, Capodimonte, Portici.

Il progetto è visionario, con un mosaico sorprendente di foreste e stupendi giardini all’italiana: il giardino di Diana, prossimo all’ingresso, l’Emiciclo della bellezza, i giardini del Castello, che visti dalla loggia, sullo sfondo del bosco monumentale e del monte Marzano, sono un paesaggio mozzafiato. Sino al gioiello inaspettato, il Teatro di Verzura, l’emiciclo aggraziato, disegnato dalle siepi di bosso, dalle quali fanno metafisicamente capolino busti marmorei di nobili spettatori.      

La foresta poi è un ecosistema assai complesso, che ti consente di ammirare, nello spazio conchiuso dei sedici ettari del Parco, pressoché tutte le specie arboree d’Appennino, dal leccio mediterraneo al faggio continentale, assieme a una varietà di conifere esotiche che il marchese fece giungere via mare dai quattro angoli del pianeta. Disseminati nella foresta, una cinquantina di patriarchi, gli esemplari stupendi, monumentali di leccio, acero, cerro che abitavano questi luoghi già nel ‘700, prima che il Parco fosse pensato.

La realizzazione del Parco è durata quasi un secolo, e ha richiesto l’impegno di più generazioni: alla morte di Giuseppe Maria il lavoro prosegue per opera del nipote Francesco Saverio d’Ayala Valva, il cui testamento è la lapide affissa all’inizio del viale d’ingresso, datata 1857, con la preghiera e il monito di curare, rispettare e far vivere questo luogo di bellezza così faticosamente creato.

E’ invece dei primi decenni del ‘900 la risistemazione dei giardini e la ristrutturazione del castello nobiliare, sino all’estinzione della famiglia, nel 1951, e il passaggio in eredità del Parco al Sovrano Militare Ordine di Malta, attuale proprietario del sito, che con lungimiranza promuove l’apertura al pubblico grazie a una convenzione con l’amministrazione comunale.

Ad accoglierti, nei locali suggestivi d’ingresso, i ragazzi e le ragazze di Valva, che l’amministrazione comunale ha voluto coinvolgere nella nuova vita del Parco, riaperto al pubblico dopo la conclusione dei lavori di restauro dei viali, la pulitura del patrimonio scultoreo, il ripristino dei sistemi di illuminazione e del palco del teatro di Verzura, che riprenderà da ora ad ospitare tutto un programma di concerti e spettacoli.

E’ un impegno davvero grande per un comune così piccolo, che pure ha saputo impiegare con competenza, sobrietà  e un progetto credibile le risorse messe a disposizione dal PNRR, attivando una squadra di una quarantina di tecnici e specialisti, con la supervisione del Dipartimento di Agraria della Federico II, in una collaborazione di studio, ricerca, assistenza scientifica che continuerà grazie a un’intesa pluriennale. Tutto questo, in piena sintonia con l’Ordine di Malta che è proprietario del sito.

Insomma, quella di Valva è una buona storia. La conclusione è che per le nostre aree interne, dove resta tanta parte del vissuto e del capitale civile e naturale del Paese, la strada dell’estinzione inesorabile, mestamente prefigurata nel piano strategico governativo dello scorso marzo, non è l’unica, uno spazio per l’intelligenza e il coraggio di guardare avanti c’è ancora, basta sostenerli e crederci.

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