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E’ uscito per le edizioni CLEAN il mio nuovo libro, il titolo è “Le dimensioni della terra”. E’ una raccolta, come dice il sottotitolo, di letture sul territorio rurale, il paesaggio, la città. In qualche modo una sintesi delle cose che ho cercato di approfondire e comprendere in questi ultimi trent’anni. Ecco l’introduzione.
Gli scritti raccolti nel volume riguardano il mio lavoro: faccio l’agronomo, mi occupo di suoli, terre, paesaggi, della cura e del governo del territorio rurale. Come dice il sottotitolo, non si tratta di testi specialistici, di un resoconto tecnico delle cose di cui mi occupo, quanto piuttosto di letture.
Esercitare questo tipo di lavoro in Campania, in Italia; superare ogni giorno le difficoltà e i problemi che si presentano, è più difficile, direi impossibile, senza un’attività collaterale, continua, di riflessione sui presupposti e gli obiettivi del proprio operare, e un impegno deliberato per raccontare e condividere nel dibattito pubblico tutto questo.
Dalle attività di riflessione e divulgazione nascono quindi i testi riuniti in questo libro. Seppure diversi tra loro per lunghezza, strutturazione, linguaggio, essi vengono proposti come letture: oltre l’aspetto conoscitivo, informativo, certamente importante, l’obiettivo è anche quello di proporre e condividere storie, racconti la cui lettura offra, si spera, aspetti di curiosità e piacevolezza disinteressata.
Il racconto inedito con il quale il volume si apre è stato scritto nell’arco di alcuni mesi, a partire dal dicembre del 2012, ed è il nucleo iniziale attorno al quale il libro si è formato. È una sintesi in forma narrativa di tante e disordinate letture sull’origine, l’evoluzione e il funzionamento dei paesaggi rurali mediterranei, con uno strano andamento a ritroso, fino alle soglie della storia, partendo però dall’oggi, dalle cose che questi delicati sistemi ecologici e sociali tentano ancora strenuamente di comunicarci.
Il secondo testo è una riflessione, anch’essa inedita, scritta mentre il libro si andava componendo, su come è cambiato l’uso delle terre d’Italia nell’ultimo secolo e mezzo, dall’unificazione politica del Paese a oggi. Il modo con il quale le superfici agricole, forestali, urbane cambiano nel corso del tempo racconta molto di noi e della nostra storia. L’obiettivo era quello di suggerire una possibile periodizzazione, in vista di approfondimenti di maggior respiro; ma anche quello di sollecitare una maggiore consapevolezza delle urgenze del periodo che stiamo vivendo, assolutamente necessaria per elaborare strategie adeguate di governo delle terre e dei paesaggi d’Italia in questo primo scorcio di millennio.
La terza lettura è la rielaborazione di un saggio divulgativo scritto per un volume a tiratura limitata edito nel 2022 dall’Istituto della Enciclopedia Italiana “Treccani”, dedicato alla Campania. È una riflessione sui rapporti di lunga durata tra territorio rurale e città in questa bella e complicata regione d’Italia, dall’antichità, sino al disordinato mosaico contemporaneo nel quale la nostra vita si svolge.
Viene poi uno scritto di quasi vent’anni fa, che da allora non ha smesso di accompagnarmi, perché contiene la traccia e i riferimenti vitali di molte delle attività che mi sono trovato a svolgere poi: è un viaggio attraverso le differenti letture che tre grandi interpreti della questione meridionale – Antonio Genovesi, Giustino Fortunato, Manlio Rossi-Doria – nell’arco di un paio di secoli hanno fatto del capitale naturale, del patrimonio di risorse territoriali di cui dispone il Mezzogiorno d’Italia.
Quello che mi interessava era ragionare assieme a loro sulla natura relazionale e dinamica del concetto di “risorsa”, qualcosa che sta all’interfaccia tra i caratteri e i funzionamenti delle terre e degli ecosistemi da un lato, e le capacità, i bisogni e i valori delle società che li abitano e li utilizzano dall’altro. Tutte cose che cambiano e si evolvono nel tempo, costringendo ogni generazione a riformulare coscientemente problemi, priorità, corsi possibili di azione, in un lavoro nel quale scienze sociali, storia, ecologia, agronomia, geografia, economia, devono giocoforza lavorare insieme, come possono.
Chiude il volume una riflessione sul ruolo e il significato dell’agricoltura nell’Italia di inizio millennio, già pubblicata come introduzione al libro del 2018 “Ultime notizie dalla terra”, una raccolta di reportage – ora si chiamano longform – scritti per l’edizione di Napoli del quotidiano “la Repubblica”. Il progetto ideato con Ottavio Ragone, responsabile della redazione napoletana del giornale, era quello di raccontare a un pubblico più largo, mentre infuriava la tempesta di “Terra dei fuochi”, le diverse agricolture della Campania, i processi, i paesaggi, le persone che ci lavorano, evitando i pregiudizi generalizzati che stavano screditando un intero settore della società e dell’economia, oltre che le matrici ambientali, le terre, i suoli, le acque di un’intera regione.
C’entra qui la questione del giornalismo, un’esperienza per me fondamentale di conoscenza e formazione. Il metodo in fondo è sempre quello: documentarsi, andare sui luoghi, osservare, parlare con le persone, e poi velocemente buttar giù un racconto, badando che sia interessante, che venga voglia di leggerlo, che parli una lingua credibile, vicina a quella del lettore. Tutte cose che sei costretto a fare in un tempo limitato, e la cosa che colpisce è la capacità di questi scritti partoriti in velocità, quando li riprendi poi a distanza di tempo, di sorprenderti ancora, di proporti squarci inattesi di ragionamento, farti riscoprire cose che non sapevi di sapere. La conclusione è che si tratta a tutti gli effetti di una ricerca sul campo, e non sbagliava Manlio Rossi-Doria quando diceva ai suoi studenti che lo strumento più importante per un economista agrario è la suola delle scarpe, per sentire camminando come cambia la qualità del suolo. Per quanti avessero interesse, articoli e reportage sono tutti raccolti nel blog che in qualche modo cerco di far vivere, l’indirizzo è http://www.horatiopost.com. Il libro termina con un frammento, l’incipit di un racconto pubblicato nel 2008, con le illustrazioni emozionanti di Oreste Casalini, il titolo di quel librino era “La terra lasciata”, per tanti motivi riprenderlo mi è sembrato un buon modo di chiudere il volume, così come il paesaggio di Oreste in copertina il modo migliore per iniziarlo. In ultimo devo ringraziare Vezio De Lucia, con il quale ho discusso tante volte le cose trattate in queste pagine, per le osservazioni e i consigli che mi ha dato nella realizzazione del libro.

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