In questi giorni incerti di avventure arrischiate, velleità, ostinazioni, furbizie, improvvisazioni, se mi chiedessero di riavvolgere il film, di indicare l’inizio della storia che ci ha condotti sin qui, non avrei alcun dubbio nel tornare al ’98, alla caduta del primo governo Prodi.
Ci dissero che si andava verso equilibri più avanzati, invece avemmo l’osceno crepuscolo del centrodestra, sino alla regressione adolescenziale del grillismo. Fisiologica quest’ultima, magari necessaria, per carità.
Penso sia stato allora che l’ala s’è spezzata. Quel governo magari affrontava il riequilibrio dei conti e le riforme lungo traiettorie socialmente sostenibili. C’era il tempo, la sensibilità, la qualità. Evitandoci lo sprofondo, la macelleria che abbiamo dovuto acriticamente trangugiare.
Certo, continuo a mettermi in fila ogni volta per le primarie. Ma, onestamente, è più un tornare a quella possibilità negata, che l’adesione a un progetto che non c’è.
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