Prosegue con l’ultimo libro di Vezio De Lucia “Nella città dolente”, uscito per le edizioni Castelvecchi, il racconto del paese e dell’Italia repubblicana iniziato con Se questa e una città. La storia si arricchisce di nuovi capitoli e spunti di riflessione, e trova ora una sua compiutezza, non foss’altro per il fatto che l’eclissi del governo del territorio in Italia ha conosciuto nel 2008, con il “Piano casa” e lo scempio de l’Aquila, il suo esito per così dire ultimativo. Questo rende possibile un bilancio di un’intera fase storica – il trentennio lungo del liberismo e della deregulation – ed obbliga anche l’autore, con Brecht (“sulla mia tomba vorrei fosse scritto: “Fece delle proposte”), ad avanzare le sue idee per il rilancio su nuove basi della pianificazione pubblica della città e dei paesaggi di questo martoriato paese.
Il libro inizia onorando la memoria di uno strano “democristiano giacobino”, Fiorentino Sullo, ministro ai lavori pubblici nei primi anni ’60, e del suo tentativo fallito di dare al paese una legge sul regime giuridico dei suoli, che allineasse l’Italia alle migliori esperienze europee, recidendo il nesso perverso tra trasformazione urbana e rendita fondiaria. L’insurrezione dei conservatori, dai fascisti ai liberali, che strumentalmente accusarono Sullo di “voler abolire la proprietà edilizia privata e togliere la casa agli italiani”, costrinse la DC a disconoscere il disegno di legge, con il politico irpino che scontò una spietata damnatio memoriae, mentre il generale De Lorenzo addirittura architettava il suo tentativo di colpo di stato.
Da allora, il libro racconta la lunga rincorsa a quella riforma mancata, che i governi successivi affrontarono mai più in chiave complessiva, strategica. Il paese rimase privo di una legislazione organica di attuazione dei principi costituzionali di regolazione della proprietà fondiaria, per assicurarne la funzione sociale, come avviene nelle democrazie liberali europee, nei paesi normali insomma. Nel frattempo, l’assegnazione progressiva ai poteri locali della materia urbanistica, generava a scala nazionale un mosaico differenziato di esperienze ed esiti, con il Mezzogiorno a fare da desolata retroguardia, tra abusivismo e usi criminali del territorio.
De Lucia racconta tutte queste cose, in un libro che si legge come un romanzo, e che deve l’acqua della vita alle competenze e al rigore dell’autore, ma anche al suo ruolo di testimone, spesso di protagonista dei fatti raccontati, in una narrazione sospesa tra storia civile, cronaca e vita vissuta. Non sottraendosi nemmeno ad un giudizio sugli avvenimenti più recenti, quali ad esempio i nuovi governi comunali di Milano e Napoli, che per De Lucia rischiano di rappresentare un’occasione persa, per l’incapacità (o la mancata volontà) di porre l’urbanistica al centro dell’azione riformatrice, ripiegando invece su atteggiamenti inerziali, tattici.
Il finale del volume è dedicato alle proposte. Se vogliamo salvare quel che rimane della straordinaria eredità del paesaggio italiano, è urgente per De Lucia mettere mano a una legislazione sul consumo dei suoli. Nel far west attuale, infatti, l’Italia continua a consumare 35.000 ettari di suolo fertile ogni anno – l’equivalente di quattro nuove città come Napoli – per i tre quarti concentrati nelle poche pianure pregiate del paese. La soluzione sta nell’assegnare al territorio rurale residuo la stessa importanza che in Italia, a partire dagli anni ’60, è stata attribuita ai centri storici, riservando le nuove edificazioni alle aree già urbanizzate, degradate, dismesse, legando così indissolubilmente rinnovamento urbano e riqualificazione. E’ una strada praticabile, come dimostra il piano territoriale della provincia di Caserta, approvato nel 2012, del quale De Lucia è stato coordinatore.
E’ una questione di sopravvivenza, perché la democrazia italiana resterà perennemente incompiuta, senza un territorio in ordine. “Nella città dolente” è un contributo avvincente ed autorevole, un gesto concreto per restituire al paese una capacità di governo, per una nuova urbanistica, che per De Lucia continua ad essere la prosecuzione della politica con altri mezzi.
L’articolo è stato pubblicato da Repubblica Napoli del 24 aprile 2013, con il titolo:” De Lucia, la salvezza è nell’uso del suolo”.
Un disegno di Botticelli per l’edizione della Divina Commedia del 1481.
1 commento
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26/04/2013 a 11:45
Vezio De Lucia
Caro Antonio,
giusto cinquant’anni fa, Fiorentino Sullo fu politicamente assassinato dalla Democrazia cristiana spaventata dal rischio di perdere consensi per colpa della riforma urbanistica. Nel libro cha hai sapientemente recensito ho definito “sindrome Sullo” la paura che quasi sempre ha paralizzato chi si occupa di urbanistica quando si trattava di fare scelte coraggiose ed energiche. Fu una sorta di sindrome Sullo anche quella che provocò il tentativo di colpo di Stato del generale Giovanni De Lorenzo del luglio 1964. È ormai accertato che a motivare l’alzamiento dei carabinieri non fu la preoccupazione per i socialisti al governo né la nazionalizzazione dell’energia elettrica ma il terrore che tornasse all’ordine del giorno la riforma urbanistica di Fiorentino Sullo. Guido Crainz ha scritto che con il piano Solo di De Lorenzo finisce il centro sinistra, secondo me, la più bella stagione politica dell’Italia repubblicana. Da allora le cose sono andate sempre peggio, soprattutto, come tu metti bene in evidenza, negli ultimi trent’anni, e specialmente nel Mezzogiorno.
L’ultima parte del libro – che deve molto, moltissimo, alle tue elaborazioni e a quanto ho imparato dalla tua straordinaria conoscenza del territorio e del paesaggio italiani – indica una strada, non per rimediare a quasi settant’anni di insipienza, di viltà e di corruzione, ma intanto per dire basta, arrestando subito e definitivamente il consumo del suolo, premessa indispensabile per ogni ipotesi di risanamento. Risanamento non solo dell’urbanistica ma più in generale della politica locale e nazionale che nel malgoverno del territorio ha trovato la sua più puntuale rappresentazione. La novità, caro Antonio, sta nel fatto che l’obiettivo del risanamento mi pare che oggi sia più realistico e credibile anche solo di un anno fa. La crisi irreversibile della pratica politica tradizionale (confermata dalla tempesta che accompagna la formazione del governo), lo sviluppo vertiginoso di nuove modalità di aggregazione e di espressione delle volontà collettive, il peso che hanno assunto nelle ultime vicende l’insofferenza per l’attuale condizione urbana e la speranza di una diversa qualità della vita sociale: tutto ciò lascia intendere che la sindrome Sullo può essere debellata. E potrebbe cominciare una nuova storia. Anche per le nostre terre.
Non mancano le premesse. Il piano regolatore di Napoli, il piano territoriale di Caserta, le altre esperienze che certamente conosci, possono essere i riferimenti intorno ai quali si può costruire una nuova cultura della città. Mi riferisco in particolare alla Città Metropolitana di Napoli, istituzione decisiva per il futuro della Campania e del Mezzogiorno, alla quale non si può mettere mano in forza di un piccolo cabotaggio politicista. Serve invece un vasto processo che coinvolga da una parte i movimenti, le associazioni, la società civile, la stampa; dall’altra le istituzioni, cominciando dalla Regione e dal comune di Napoli. Un segnale piccolo piccolo di recupero dei principi della pianificazione mi pare che vada colto nella posizione assunta dall’amministrazione De Magistris riguardo alla Città della scienza, da spostare all’interno, restituendo la spiaggia ai napoletani.
Sono troppo ottimista? Spero di no.
Tuo Vezio
(26 aprile 2013)