Fa un certo effetto leggere le ultime dichiarazioni del presidente Caldoro. Il governatore si è detto d’accordo con il guru 5 Stelle Casaleggio, che in un’intervista televisiva ha profetizzato, per un tempo non ben specificato d’autunno, lo scoppio di proteste violente a causa dell’inasprirsi del disagio sociale. Caldoro è stato più preciso, dicendosi in possesso di elementi tali da affermare che i moti di piazza avranno inizio proprio da Napoli.

La verità, al di là delle previsioni funeste, è quella fotografata dall’ISTAT, secondo cui nel 2012 la povertà relativa al Meridione ha superato il 22%, toccando quasi una famiglia su quattro, un dato doppio rispetto alla media nazionale. Più della metà delle famiglie è a rischio povertà, mentre l’ultimo rapporto SVIMEZ evidenzia come il Sud in sei anni abbia bruciato il 12% del prodotto interno lordo, il doppio del Nord. Per recuperare ci vorranno 20 anni.

La situazione è drammatica, ma abbiamo sempre considerato il presidente Caldoro come persona responsabile, aliena dai sensazionalismi e dai giudizi affrettati. Si è costretti allora a ritenere che il presidente della Campania parli così per esercitare pressione su Roma, per ottenere dal governo centrale un allentamento o meglio la sospensione del patto di stabilità interno, che ha di fatto bloccato gli investimenti pubblici, in una situazione resa ancora più grave dalla recente sentenza della Consulta che autorizza i pignoramenti dei creditori sui beni delle ASL, esponendo la sanità regionale al rischio di definitiva paralisi.

Insomma, piove su bagnato, e a questo punto rischiano di essere vanificati i sacrifici, i tagli pesanti al bilancio regionale imposti dai governi centrali dopo lo sforamento della giunta Bassolino, con il prosciugamento di fatto dell’ingente flusso di finanziamenti (in larga misura improduttivi come rileva la Conte dei conti europea), dai quali il sistema economico regionale resta comunque fortemente dipendente.

La debolezza del sistema-Campania è tale da non aver più nemmeno la forza di trangugiare la possibile medicina: così, dei fondi europei attualmente in dotazione, a partire dai 4,5 miliardi del fondo di sviluppo regionale, si è riusciti a utilizzare sino ad ora solo il 20%: resta oramai una manciata di mesi per spendere il resto, ed è molto concreta, come ha affermato il ministro Trigilia, la possibilità di saltare di fatto un intero ciclo di investimenti.

Ho chiesto ad un amico che lavora per il governo metropolitano di Barcellona come se la passino in questo momento gli spagnoli. Mi ha risposto che lì la crisi economica sta mordendo più fortemente, ma che c’è tutto un fervore di programmazione e progettazione, insomma si sta utilizzando il tempo di crisi per migliorarsi, per forgiare gli strumenti della ripartenza. Da noi sembrano invece prevalere la paralisi e l’afasia.

Ad ogni modo, in una situazione tanto critica, che sia Casaleggio a sostenere la parte del fool o del profeta di sventura può anche starci. Che a rappresentare questo ruolo sia il capo del governo locale, questo succede solo nel terzo atto del King Lear, nello sconquasso degli elementi che segna la disfatta finale delle istituzioni e dei rapporti sociali e personali. Riteniamo di non esser giunti a tanto. Che ci sia ancora spazio di manovra: che la responsabilità istituzionale, la tempestività e il coraggio possano ancora guidare i destini collettivi verso approdi meno desolanti e cupi. Chi ha il compito di governare lo faccia, lasciando perdere le profezie a effetto, che magari poi si autoavverano.

Pubblicato su Repubblica Napoli del 28 luglio 2013.

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