Antonio di Gennaro, 29 luglio 2014
Cosa succede quando una democrazia sbaglia? Con il decreto “Terra dei fuochi” – lo confermano gli esiti del comitato interministeriale svoltosi lunedì scorso a Roma, con i ministri Lorenzin (salute), Martina (agricoltura) e Galletti (ambiente), che ha esaminato i risultati dello screening territoriale in corso -, Parlamento e governo hanno preso una topica colossale. Tutti i campioni di ortofrutta provenienti dalle aree agricole ritenute a maggior rischio sono risultati sani, di radioattività manco a parlarne. E’ evidente che la sicurezza alimentare non è in gioco, abbiamo lanciato la caccia al killer sbagliato, sprecando tempo e soldi che potevano essere applicati ad obiettivi più fondati.
Che fare allora se le decisioni prese non erano quelle giuste? Non è necessario scomodare la “modernità riflessiva” teorizzata da Giddens e Beck nei loro scritti degli anni 90: la capacità di imparare dagli errori e di risolvere problemi nuovi contraddistingue la nostra specie dalla conquista della posizione eretta. Sarebbe dunque questo il momento, per le istituzione ai diversi livelli, di prendere atto degli abbagli, rivedere il tiro, e definire finalmente una strategia seria per riqualificare e mettere in sicurezza la pianura campana, ma ora la difficoltà è proprio quella di smantellare il castello macchinoso di competenze che proprio il decreto “Terra dei fuochi” ha contribuito a creare, di disattivare una macchina burocratica che procede per inerzia, continuando ad inseguire credenze e slogan, anche quando palesemente smentiti dai fatti.
Pure, nel dibattito di lunedì a Roma, qualche frammento doloroso di verità inizia ad affiorare. A cominciare dai problemi di approvvigionamento idrico della conurbazione abusiva della piana, con centinaia di migliaia di cittadini campani dei rioni e paesi di edilizia spontanea, che continuano ad impiegare per le esigenze quotidiane l’acqua della prima falda idrica, che come in tutte le pianure europee ad elevata urbanizzazione, non è idonea allo scopo.
Insomma, inizia finalmente ad emergere il problema dei problemi, che è quello di mettere ordine nella grande conurbazione campana, di dotare quest’area dei servizi essenziali e degli standard minimi di civiltà che consentano alle persone di vivere decentemente, proteggendo la propria salute. Questi dovrebbero essere, più che la competizione meschina per la distribuzione delle future cariche, gli aspetti decisivi di una strategia, di un’agenda di riscatto per la città metropolitana che sta per nascere. Lasciando alle nostre spalle la metafora inconcludente della “Terra dei fuochi”: le politiche si nutrono certamente di una loro componente simbolica, ma di troppi simboli, alla fine, si può anche morire.
Pubblicato su Repubblica Napoli del 31 luglio 2014 con il titolo “Terra dei fuochi: la verità si fa strada tra credenze e slogan”
Lascia un commento
Comments feed for this article