Conchita Sannino, Repubblica Napoli 27 gennaio 2017
Gli alberi in lontananza, silenzio, e l’umido che assale insieme alla mestizia. Oggi qui fuori, non c’è la città che lo onorerà oggi e domani. Ma il suo mondo. Sono gli orfani di Pizzofalcone. La segretaria o lo storico braccio destro di una vita, l’ex ricercatore e il giovane docente che ha imparato tanto da lui. Arrivano l’assessore Nino Daniele, il sindaco de Magistris che abbraccia Massimiliano, le figlie Barbara e Valeria. «Gerardo era uno storico, un maestro di immensa cultura. Un faro, un punto di riferimento per tutte le generazioni. Rivoluzionario fino alla fine, sempre dalla parte della libertà e della giustizia – ha scritto il primo cittadino nella notte – In prima linea nella lotta per i diritti». A Gerardo, racconta poi, «mi legavano sentimenti di enorme ammirazione ma anche di affetto, lo seguivo da quando ero magistrato, l’ho sentito sempre vicino, per tanti di noi, quelli della mia generazione è stato un simbolo, una mente illuminata e anche un volto della Napoli più internazionale e prestigiosa». Le figlie intanto sono già andate via, qualcuno si è incaricato di far assorbire loro, nella notte, l’atroce notizia che «a nessuno di noi sembrava possibile, nonostante l’età», spiega ancora Massimiliano. Lo conferma Giuseppe, il fisioterapista che fino a poche ore prima della fine lo spingeva tra una battuta, un’occhiataccia e un lieve rimprovero a continuare gli esercizi e ora scende giù in camice a salutare i parenti. «Mi aveva chiesto la disponibilità di un angolino della palestra: doveva parlare con sua nipote, una docente, e preparare alcuni discorsi – si commuove Giuseppe – Ovviamente gli ho detto che eravamo onorati e ne abbiamo sorriso, e lui è rimasto lì alcune ore, con i suoi libri e i suoi appunti, a studiare e a parlare».
Il cordoglio diventa internazionale. Prima il presidenete Mattarella, che ne ricorda «la passione meridionalista e l’impegno generoso per la diffusione del sapere e la preservazione del patrimonio culturale del Paese». Poi è la volta del presidente emerito Giorgio Napolitano: «straordinario per passione e vigore», lo definisce. E poi non ha timore di mettere il dito nella piaga dei fondi che erano finiti. «La sua generosità, scontratasi con sordità e ristrettezze che hanno caratterizzato nel tempo le risposte ai suoi appelli – sottolinea Napolitano – ha toccato profondamente anche la sua vita famigliare, oltre a indurlo a delusioni e proteste incessanti ». Il governatore De Luca lo ricorda come «uomo di grande tenacia e ostinazione, grande umanista che si è scontrato con tante difficoltà, tanti elementi di resistenza burocratica e problemi oggettivi di finanziamento per il mantenimento della biblioteca che costituisce un patrimonio immenso ». Ritorna la forza intellettuale e la tenacia caratteriale nascosta dietro l’apparente gracilità. L’immancabile borsalino sembra ancora lì, sopra quegli abiti messi su a strati e a cui non faceva troppo caso. L'”avvocato” è ormai un piccolo corpo sotto un velo, è un viso antico e disteso in quella camera mortuaria semplice e piccola proprio come lui, mentre di ora in ora si fanno più forti, vitali e presenti le parole di Gerardo Marotta. Morto com’era vissuto.
«Abbiamo parlato tanto, avevamo messo in cantiere la riunione del Consiglio direttivo del 21. Quando dovevo andare dal sindaco per organizzare le celebrazioni di aprile per i suoi 90anni mi diceva: chiedi le borse di studio per i ragazzi, se i giovani studiano, il paese è salvo», continua ancora Massimiliano, stesso fisico sottile, stessa impronta di napoletano silenzioso, stessa ironia che come nel padre sbuca fuori sottile e amara. Dentro, una donna sulla cinquantina lo fissa salla panca della camera, come se gli parlasse. È Silvana Aprile, impiegata amministrativa dell’Istituto, «solo una delle tante che ha imparato tante cose grazie a lui, che è cresciuta con lui, sapeva essere più di un padre». Ma forse ciò che ricorre di più nel racconto di chi gli è stato vicino non è solo il valore del pensiero, il suo genio culturale, ma un’attitudine spinta fino agli eccessi: la generosità. Silvana te lo restituisce in un frammento: «Mi aiutava quando prendeva la pensione». E te lo ricorda anche Francesco Blasi, psichiatra del Forum Sergio Piro, guidato da Antonio Mancini: «Non solo Gerardo ha sostenuto tutte le battaglie civili di Piro per la civiltà della salute mentale, ma ha accolto materialmente tra le mura dell’Istituto i nostri gruppi terapeutici e i malati psichiatrici quando non avevamo più dove andare». Arriva in lacrime anche l’ex assessore comunale Antonella Di Nocera: «Ricordo la sua enorme passione culturale e civile, lo ricorderemo all’Astra (oggi, ndr), con le sue stesse parole estratte dal film “La seconda natura” di Marcello Sannino ». Arriva un altro vecchio amico, il docente Antonio Di Gennaro: «Provo una tristezza immensa. Senza l’avvocato la città è più povera e più fragile. Lui l’ha difesa e arricchita di prestigio, donandole tutte le sue energie, la sua passione, la sua autorevolezza, e i suoi averi. Questo piccolo uomo è stato un gigante. Stamattina mi ha colpito il suo volto sereno, pieno di pace, aveva dato tutto, aveva fatto tutto quello che poteva. Ora dobbiamo essere vicini a Massimiliano a, Sergio a i familiari e gli amici dell’Istituto, il lavoro deve essere continuato, l’eredità di Gerardo è una risorsa immensa per la città, una riserva di speranza».
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