Tra le riflessioni pubblicate in agosto su Repubblica Napoli avevo dimenticato questa, sui neoborbonici e il Partito del Sud,

Le cause perdute del Mezzogiorno

Antonio di Gennaro, 21 agosto 2019

Come ha scritto ieri Aurelio Musi su queste pagine, era inevitabile che in questo momento difficile per il Mezzogiorno anche i neoborbonici venissero fuori con una loro proposta, un  “Movimento per il Sud”, che lo scrittore Pino Aprile intende presentare pubblicamente nei prossimi giorni, del quale ha parlato nell’intervista a Roberto Fuccillo. Come osserva giustamente Musi, lo spazio per una simile offerta politica appare potenzialmente ampio, resta da capire quanto tutto questo possa davvero aiutare il Sud a superare la congiuntura complicata che stiamo vivendo, fatta di crisi economica, spopolamento, debolezza istituzionale.

Il neoborbonismo non è solo nel mondo. Un bel numero della rivista Meridiana, uscito nel 2017, è interamente dedicato alle “Cause perdute”: la nutrita famiglia di movimenti che fonda la sua identità su una dolorosa sconfitta: i borbonici, appunto, ad opera dei piemontesi; i Confederati americani sconfitti dagli Stati del Nord;  e poi i fascisti italiani dopo il disastro dell’ultima guerra; ed ancora catalanisti, carlisti spagnoli, socialisti radicali russi sconfitti nella rivoluzione del 1917…

I due curatori, Eduardo González Calleja e Carmine Pinto, nell’introduzione al volume mettono in rilievo come questi movimenti abbiano molte cose in comune. In primo luogo il fatto che queste identità si basino tutte su una causa perduta, una sconfitta ingiusta, che diventa evento mitico, nella quale il nemico ha prevalso sui superiori valori dei vinti grazie alla slealtà e al tradimento, depredando poi  i soccombenti non solo di beni e risorse, ma anche della loro storia e tradizione, cancellandone la memoria autentica.

Per quanto riguarda i vinti, ad essi non è in nessun modo possibile attribuire colpe o responsabilità. La loro sconfitta è esclusivamente frutto dell’inganno e del complotto. L’appartenenza a una identità in tal modo costruita richiede una cosa sola: la lealtà alla causa, autentica e giusta per antonomasia, in opposizione all’interesse, all’opportunismo, al tradimento.

A rifletterci un attimo, anche per i movimenti della cosiddetta Terra dei Fuochi è andata così, con la causa perduta che in questo caso è rappresentata dall’avvelenamento subdolo dei suoli per colpa dei rifiuti tossici provenienti dalle industrie del Nord. Non conta niente il disordine territoriale frutto di sessant’anni di anarchia urbanistica, o l’incapacità di gestire un ciclo dei rifiuti autonomo, non ci sono nostre responsabilità, è tutta e sempre colpa di un nemico esterno.

La contiguità di questo modo di ragionare con i vari populismi in giro è evidente: il problema non è mai quello di una responsabilità propria da esercitare, di soluzioni, compromessi, alleanze e percorsi da costruire con ostinazione e coerenza ma, appunto, di un nemico bieco da additare e combattere. E’ un gioco misero evidentemente, e così davvero non si va da nessuna parte.