Antonio di Gennaro, 23 giugno 2014

Calma, non è successo niente. Cacciate via quel senso di smarrimento che può avervi preso a leggere di un nuovo sensazionale piano per la Terra dei fuochi (secondo “Il Mattino” del 23 giugno, “la più grande operazione di controllo e recupero di aree agricole nella storia repubblicana”, perbacco!).

Non è proprio il caso, perché il nuovo piano è identico al precedente: la minestra riscaldata è stata servita in stoviglie scintillanti, ma il sapore è lo stesso.

Quello che è accaduto in realtà è un regolamento di conti tra amministrazioni dello Stato: d’ora in poi sarà il Corpo forestale, come anelava da tempo, e non più l’Agea, l’ente nazionale che eroga i fondi agricoli europei, a coordinare i controlli previsti dal decreto Terra dei fuochi, con il centro operativo che sarà insediato a Castel Volturno, dove la forestale ha una sua struttura nazionale di formazione.

Anche l’annunciata introduzione di un meccanismo volontario di certificazione della sanità dei prodotti non è una novità, perché è già stato messo in piedi dall’Assessorato all’Agricoltura e dall’Istituto zooprofilattico, con l’utilizzo del “Qr Code”, quel geroglifico in etichetta che attraverso lo smart phone fornisce al consumatore tutte le informazioni analitiche sul prodotto.

Certo, la vicenda potrebbe avere risvolti positivi, se il Corpo forestale sarà finalmente chiamato ad attenersi al protocollo definito dal Gruppo di lavoro nazionale, ponendo così fine ai sequestri immotivati di aree agricole, come quelli di Caivano, dove attività fiorenti sono state stroncate, salvo poi scoprire che i prodotti erano sani, e che i contenuti anomali di elementi nei suoli erano quelli del valore di fondo naturale della pianura vulcanica campana.

Quel che ancora manca, nel pieno stile delle politiche placebo, così di moda in questi tempi di vacche magre, sono le risorse, gli stanziamenti necessari al finanziamento del sistema di certificazione e controllo. I risultati delle analisi sono stati annunciati per il prossimo autunno, a un anno di distanza quindi dall’emanazione del decreto Terra dei fuochi. Vedremo. La sensazione è che la crisi della piana campana, come tutte le sciagure collettive,  sia stata oramai pienamente metabolizzata dall’apparato burocratico. Una sorta di “Belice ambientale”, buono a  mantenere in vita gli apparati preposti, del quale difficilmente a questo punto conosceremo la fine.

L’articolo, in una versione ridotta, è stato pubblicato su Repubblica Napoli del 24 giugno 2014, con il titolo “Il piano è sempre lo stesso”.