Antonio di Gennaro, 30 agosto 2014
Nell’attesa che il decreto “Sblocca-Italia” si sblocchi, viene da chiedersi se alla fine in Italia proprio non esista una terza via tra una democrazia inconcludente, che in vent’anni – l’arco di una generazione, quasi – fallisce il recupero di Bagnoli, e una tecnocrazia ruggente, che magari le cose le fa, ma che pure qualche problema di trasparenza e controllo lo pone, i casi Mose ed Expo insegnano.
La bozza in circolazione del decreto affida a un non ben specificato “Soggetto Attuatore” il compito di redigere in tempi stretti il nuovo piano per Bagnoli, e di gestire il completamento della bonifica, sino ad oggi il vero buco nero della vicenda. Tutto sotto l’ombrello di un commissario di governo ad hoc, che potrà contare su ampie deroghe a vincoli urbanistici e paesaggistici vigenti.
Il punto è quale sarà la natura di questo soggetto attuatore, che si delinea, nel linguaggio algido del decreto, come una sorta di camera di compensazione para-istituzionale, luogo di sintesi e assemblaggio di competenze e interessi, bisognerà capire quali, tenuto conto che gli indirizzi contenuti nel decreto sono assai stringati e vaghi.
Il ruolo del Comune di Napoli si ridimensiona drasticamente, da principale decisore a comprimario. La svolta operata dal decreto è infatti quella di considerare il recupero di Bagnoli una finalità strategica di rilievo nazionale, di competenza esclusiva dello Stato. Nella conferenza dei servizi che dovrà approvare le nuove scelte, saranno quindi i ministeri centrali a dettare linea, e il governo ad avere l’ultima parola.
Resta da capire quale percorso di legittimazione pubblica é previsto per le nuove scelte, come anche la distanza dal Piano regolatore, le cui opzioni democraticamente assunte, hanno costituito in questi anni, nel bene e nel male, elementi rilevanti del patto tra il governo della città e i suoi abitanti. Come sovente accade, ci apprestiamo a un cambiamento di paradigma, non preceduto da un serio bilancio dell’esperienza precedente, che viene in tal modo liquidata in blocco.
Alla fine, un piano urbanistico é uno strumento per fare le cose, più che un fine in sé: é lecito quindi rivederlo ciclicamente, in funzione dei mutamenti di contesto, delle difficoltà incontrate, dei risultati conseguiti. Nella vicenda di Bagnoli, una cooperazione inter-istituzionale assolutamente disastrosa, e l’intreccio perverso con una bonifica opaca e spendacciona, hanno finito col paralizzare tutto. Nel frattempo, si é gravemente deteriorata la capacità amministrativa locale, indispensabile per l’attuazione delle scelte. Vedremo se il commissariamento governativo sarà l’occasione, in un’ottica di sussidiarietà, per ricostruire questa perduta capacità. Oppure per affossarla definitivamente.
Articolo pubblicato su Repubblica Napoli del 4 settembre 2014 con il titolo “Bagnoli, troppe incognite nel decreto del governo”
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