Antonio di Gennaro, 7 febbraio 2015

Con l’Expo delle Idee, il grande incontro che si tiene oggi alla Bicocca di Milano, con 40 tavoli, 500 esperti e una folta rappresentanza ministeriale, inizia il lavoro di redazione della “Carta di Milano”, la convenzione internazionale sulla giustizia alimentare e lo sviluppo sostenibile, che costituirà probabilmente il più importante lascito dell’esposizione  universale. Una sorta di “Kyoto dell’alimentazione”: la dichiarazione universale dei diritti di ciascun abitante del pianeta ad un cibo “buono, pulito ed equo”, per usare le parole di Carlin Petrini, il fondatore di Slow Food, che con Ermanno Olmi e don Ciotti presiede i lavori.

Certo, l’Expo è molte cose insieme, sicuramente l’occasione per promuovere l’agroalimentare italiano, la nostra tradizione eno-gastronomica, che sono tutt’uno con lo straordinario mosaico di storia, paesaggi e culture che il Bel Paese è ancora in grado di offrire.

Scrivo queste cose, e un senso di malinconia mi prende, per il fatto che la Campania giunga a un così importante appuntamento con la reputazione e il morale a pezzi. La Campania è nel gruppo di testa delle regioni agricole italiane, con una singolare particolarità: quella di mantenere il passo con le grandi (Emilia, Lombardia, Veneto, Sicilia, Puglia), per produzione e valore aggiunto, disponendo di una superficie agricola che è la metà. Questo significa che i nostri ecosistemi e paesaggi agricoli hanno una produttività doppia rispetto agli altri, in termini qualitativi e quantitativi. Campania felix non è un’espressione letteraria ma una potenzialità reale della storia e della natura.

Questi risultati sono conseguiti nonostante il disordine territoriale, le debolezze strutturali, l’incapacità di fare squadra del nostro comparto primario, che continua a proporsi come sommatoria di eccellenze piuttosto che come sistema coordinato. Se questo gap organizzativo e istituzionale fosse superato, la Campania metterebbe il turbo, e non ce ne sarebbe per nessuno.

In questo panorama, le nostre disgrazie, la diffidenza che circonda le nostre produzioni, appaiono forse come opportunità per le altre agricolture regionali, che potrebbero intravvedere la possibilità di acquisire nostre quote di mercato. E’ un gioco miope, perché proprio alla scala universale dell’Expo, il brand “Italia” è uno solo, e ha tutto da perdere da un crollo di immagine della Campania.

In conclusione, siamo terra di eccellenze, la culla della dieta mediterranea – che pure all’Expo verrà celebrata come stile di vita da proporre a modello per l’intera popolazione del globo – ma partner minore, di seconda fila della kermesse globale. Conviene prenderne realisticamente atto per rimediare, e ripartire prontamente. Nessuno ci soccorrerà, dipende esclusivamente da noi.

Pubblicato su Repubblica Napoli dell’8 febbraio 2015 con il titolo “La Campania ha una produttività doppia rispetto alle altre regioni”