Antonio di Gennaro, 20 novembre 2015

 

Expo2015

 

Il premier Renzi, al termine del Consiglio dei ministri che ha stanziato i fondi per Bagnoli, ha detto che l’obiettivo è “chiudere il pacchetto bonifiche da qui ai prossimi 24 mesi e poi lanciare un progetto strategico simile all’Expo”. L’applicazione all’area di Bagnoli del cosiddetto “modello Expo” deve essere considerato un fatto positivo, se questo significa restituire finalmente al recupero dell’ex acciaieria il rango di questione nazionale, la cui importanza travalica i confini metropolitani e regionali, e interessa il destino di un intero paese. Insomma, il riferimento all’Expo è una buona cosa, se con esso si identifica la cooperazione fattiva e responsabile, sempre mancata in questi anni, tra i diversi livelli istituzionali, dal comune allo stato centrale, passando per la regione (senza dimenticare Bruxelles).

Considerati gli aspetti positivi dell’annuncio del primo ministro, restano quelli un po’ più evanescenti, a cominciare dalla priorità che il decreto indica, che è quella del completamento della bonifica, che impegnerà l’azione del commissario e dell’ente attuatore per i prossimi due anni, assorbendo ancora una quantità significativa di risorse, dopo le centinaia di milioni spesi nel decennio precedente. Insomma, si riparte da capo, con una nuova caratterizzazione dell’area,  senza che alla città sia stato mai presentato un consuntivo decente del lavoro già fatto, con un’operazione un po’ surreale di rimozione del passato, che è la maniera migliore per fare gli stessi errori e impantanarsi di nuovo.

Per rimettere in moto Bagnoli è assolutamente necessario invertire l’ordine delle priorità, con gli obiettivi di riuso dell’area che devono prevalere su quelli di una bonifica autoreferenziale, ragionando finalmente in termini di “messa in sicurezza” e di “analisi di rischio” calibrate sulle destinazioni future, piuttosto che sugli standard ambigui delle tabelle di legge, buoni a giustificare, come si è visto in questi anni, ogni costosissima tergiversazione.

E’ questo il punto centrale della questione, perché l’orizzonte temporale del “modello Expo” invocato dal presidente del consiglio, era quello serrato del grande evento, e le difficoltà non a caso vengono ora, quando bisogna immaginare un futuro “lungo” per l’area espositiva, e le ipotesi messe in campo non sembrano pienamente convincenti. Anche l’idea del grande centro di ricerca sulla genomica non ha persuaso del tutto gli addetti ai lavori, alcuni dei quali hanno osservato come la ricerca avanzata necessiti di investimenti per il rafforzamento e la  messa a sistema delle eccellenze esistenti, piuttosto che la creazione di nuovi, sfavillanti contenitori.

La stessa difficoltà si presenta per Bagnoli, che non è un grande evento che dura alcuni mesi, come l’Expo e il Giubileo, ma il nuovo grande quartiere della terza città d’Italia, qualcosa che per definizione è destinato a durare nel tempo, un’operazione probabilmente mai affrontata prima nel nostro paese, su un’area che è grande tre volte quella dell’esposizione universale di Milano. L’augurio che dobbiamo farci allora è che da una responsabile cooperazione istituzionale nasca, superando gli errori dell’ultimo decennio, un “modello Bagnoli”, qualcosa di buono finalmente per Napoli e per l’Italia.

Pubblicato su Repubblica Napoli del 21 novembre 2015 con il titolo “Ma Bagnoli non è l’EXPO”