Antonio di Gennaro, 10 dicembre 2015
In un articolo apparso su Repubblica lo scorso 6 novembre (“Le metropoli della messa in scena“) Stefano Bartezzaghi svolgeva importanti considerazioni sul paradosso delle grandi città italiane (Milano e Roma in primis, ma il discorso riguarda anche Napoli), che sono diventate parte importante, nel bene e nel male, della narrazione pubblica, dello storytelling nazionale, con un ruolo predominante che viene però assegnato alle politiche simboliche, rispetto a quelle materiali che riguardano i funzionamenti di base: manutenzione urbana, prevenzione dei dissesti, mobilità, rifiuti ecc.
A ben vedere, anche la scelta dell’amministrazione comunale di Napoli di snobbare la cabina di regia su Bagnoli, rientra nelle politiche della “messa in scena”, con un conflitto tra poteri e una disputa sui principi, che sembrano svolgersi soprattutto a beneficio della campagna elettorale che verrà, piuttosto che tendere alla costruzione di una governance finalmente in grado di condurre in porto una trasformazione territoriale eccezionalmente complessa.
In tutta questa vicenda, il terreno sul quale l’attuale governo cittadino mostra particolari lacune, è quella della distinzione basilare tra le politiche (l’amministrazione della città) e la politica, al singolare, che riguarda invece la disputa per il governo della cosa pubblica. Diversa consapevolezza ha mostrato il sindaco di un’altra metropoli, Giuliano Pisapia, che ha prima collaborato fattivamente con il commissario Giuseppe Sala alla riuscita di EXPO, distinguendosi successivamente da esso, una volta iniziata la competizione elettorale. Nel far questo, Pisapia ha mostrato comunque di tenere ben diviso, nell’interesse della città, il piano dell’amministrazione, da quello della lotta politica, proponendosi di fatto come leader di scala nazionale.
A Napoli succede l’opposto, con un’intera città, il terzo sistema metropolitano d’Italia, che viene trascinato, per esigenze di messa in scena, all’opposizione del governo centrale, col solo effetto di marginalizzarlo sempre più rispetto ai processi decisionali che contano, riducendone peso e considerazione nelle politiche nazionali, dalle quali le aree metropolitane dipendono grandemente.
Un esempio sono i fondi per il dissesto idrogeologico, andati tutti alle aree metropolitane del centro-nord, in grado di mettere in campo una progettazione credibile, mentre noi eravamo intenti alla scrittura di uno statuto metropolitano tutto incentrato sull’immaginifica gestione dei beni comuni. Nel frattempo, la Facoltà di Veterinaria che si sbriciola in diretta, a beneficio di telecamera, svela tutta la fragilità del suolo sul quale poggiamo i piedi, assieme alla disperata precarietà del nostro vivere quotidiano, e all’inconsistenza di quelle politiche simboliche, della “messa in scena”, alle quali abbiamo scelto di affidare il nostro futuro.
Pubblicato su Repubblica Napoli dell’11 dicembre 2015 con il titolo “La messa in scena elettorale”
1 commento
Comments feed for this article
12/12/2015 a 09:35
Annna Pollio
Il parallelo tra l’expo e Bagnoli è improponibile. Pisapia doveva agire nel modo in cui ha agito: l’expo non riguardava Milano ma l’Italia intera, e la mancata apertura di expo nei termini avrebbe comportato una figura di m…..planetaria. EXPO andava fatto a qualunque costo e la scelta del commissario, di quel commissario, era doverosa, viste le infiltrazioni camorristiche e mafiose.
Bagnoli è un’altra storia. È un quartiere di una città che sta provando a riscattarsi. È il quartiere da cui può e deve partire il rilancio definitivo di una città. Non ci sono urgenze se non quella di far bene. E Napoli e il suo sindaco sono in grado di farlo bene. Il Commissariamento è pretestuoso e illegittimo da qualunque punto di vista lo si osservi.