Antonio di Gennaro, 15 gennaio 2016
Una recente sentenza del tribunale di Velletri ha sancito la correttezza dell’informazione fornita da l’Espresso nel suo numero, quello con la copertina tutta nera, e la scritta “Vedi Napoli e poi muori”. Il servizio era basato sullo studio US Navy che analizzava il rischio per il personale delle basi dell’area napoletana. (Vale la pena di rileggerli quell’articolo e quello studio, alla luce delle conoscenze che nel frattempo sono state acquisite.)
Questa notizia, associata a quella sul recente aggiornamento del rapporto “SENTIERI” dell’Istituto Superiore di Sanità, viene ora interpretata dai leader dei movimenti Terra dei fuochi come ulteriore conferma delle tesi sull’eco-disastro totale.
Cosa dire? Le finalità dello studio americano, costato molti milioni di dollari, erano quelle di valutare a scala geografica le condizioni di rischio cui era esposto il proprio personale, adottando nel far questo standard di riferimento di gran lunga inferiori a quelli di legge, sia di quella italiana, europea, che di quella americana.
Nel riprendere le conclusioni dello studio, l’Espresso confonde i limiti di rischio, con quelli di legge. Accomunando per di più in un solo fascio l’approvvigionamento idrico da reti pubbliche, che nella città di Napoli, non scherziamo proprio, fornisce un servizio di assoluta sicurezza ed eccellenza (più di centomila controlli annui, in parallelo con quelli ulteriori fatti dal servizio sanitario nazionale), con quelli della città illegale o abusiva, che si approvvigiona non da quella formidabile, instancabile fabbrica di acqua buona che è il nostro appennino calcareo, ma alla prima falda della grande pianura antropizzata, notoriamente caratterizzata da bassa qualità (lo dice già il nostro Piano di tutela dell’autorità di bacino), commettendo così un errore grossolano.
Il magistrato dice che tutto questo non infrange la correttezza deontologica. Che dire? E’ un povero paese quello dove la gestione dei problemi ambientali e sanitari (si parli di terra dei fuochi, qualità dell’acqua, casi Stamina e Di Bella, fino all’infezione da Xylella) è sistematicamente affidata a una sentenza giudiziaria.
La sensazione è che comunque, al di là delle isterie, si stia lentamente formando un giudizio pubblico più equilibrato, aderente alla realtà e orientato alla risoluzione dei problemi, piuttosto che alla loro eterna riproposizione mitica. E’ un gioco faticoso e lungo. Del resto, l’ha scritto un po’ di tempo fa Toqueville: peggio di un regime politico che consente la libertà di stampa, ci sono solo quelli che non la ammettono. E’ la stampa, bellezza.
Immagine tratta da http://www.ecologiae.com
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