Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli 12 luglio 2016
E’ possibile, anzi augurabile che ci stiano già lavorando, perché è chiaro che una soluzione al duello istituzionale su Bagnoli non può essere ulteriormente rinviata, ne va della credibilità residua delle istituzioni, e di chi in questo momento le rappresenta. E’ necessario partire da una constatazione: quello che non ha funzionato a Bagnoli è l’intreccio tra la bonifica e la trasformazione urbana. Queste due attività nel nostro ordinamento fanno capo a due diversi livelli di responsabilità, con lo Stato che ha competenza in materia di bonifica (tanto più a Bagnoli, che è un sito di interesse nazionale), e i comuni e le regioni cui competono le scelte urbanistiche. Non si scappa, è la costituzione che lo dice.
A ripercorrere la storia di quest’ultimo ventennio, è evidente che i ritardi di Bagnoli sono in stati in larga misura causati dalla dilatazione spropositata, anche in termini di costi, delle operazioni di bonifica, sotto la regia del Ministero dell’Ambiente. L’urbanistica in realtà non è mai partita, ha finito per svolgere un ruolo subordinato. E’ come se si fossero ribaltati i ruoli: la bonifica ha smesso di essere un’attività strumentale, propedeutica alla trasformazione urbana, ed è diventata una grande opera pubblica autoreferenziale, fine a se stessa.
Dall’altro lato però, si è pure assistito a un affievolimento della capacità locale di governare efficacemente il procedimento urbanistico. Dopo il lungo lavoro per redigere e approvare il piano regolatore, durato quasi un decennio, il comune non si è mai dotato di una strategia e di una macchina amministrativa all’altezza, come se il piano si attuasse per forza propria, manco fossero le tavole di Mosè. In questo modo un altro decennio è trascorso. Nel frattempo la società di trasformazione urbana è fallita, nonostante le operazioni scaramantiche, come gli inutili conferimenti di beni in articulo mortis, o le ripetute inaugurazioni della Porta del parco.
Nella vicenda di Bagnoli nessuna delle due parti ha di che gloriarsi, mentre c’è molto da imparare, e la cosa sensata sarebbe che ciascuno facesse quello che la costituzione e le leggi gli richiedono di fare. Il compito del commissario governativo dovrebbe essere quello di mettere finalmente ordine in questa storia complicata della bonifica, indicando un termine certo e ragionevole di completamento. E cercando magari di applicarla veramente la legge quadro sull’ambiente, la 152, non limitandosi all’applicazione notarile di tabelle, ma conducendo una seria analisi di rischio, in considerazione dei valori di fondo particolari che caratterizzano l’area. Questo è il lavoro che è chiamato a fare lo Stato.
Per gli aspetti urbanistici, la cosa sensata, per non arenarsi nelle secche dell’incostituzionalità, è quella di riconoscere al sindaco della città poteri commissariali, tanto più che anche il presidente del consiglio ha recentemente ribadito l’intenzione di muoversi all’interno delle previsioni del piano regolatore. Per l’amministrazione appena confermata sarebbe il momento della verità, dopo il primo inconcludente quinquennio, con l’impegno innanzitutto a ricostituire una robusta capacità amministrativa, per governare le trasformazioni epocali che abbiamo in mente per Bagnoli.
Messe così, le cose potrebbero funzionare. A condizione, naturalmente, che governo, regione e comune facciano finalmente gioco di squadra. Perché se è vero che la Costituzione dice che sono le istituzioni urbane a pianificare il proprio territorio, Bagnoli rimane pur sempre una questione di interesse nazionale, per il cui esito le politiche e le sinergie governative e regionali hanno un ruolo assolutamente decisivo.
Lascia un commento
Comments feed for this article