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Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli 1 dicembre 2016

La classifica 2016 della qualità della vita pubblicata da “ItaliaOggi” certifica il momento assai difficile per le città del centro-sud: Napoli perde ancora tre posizioni ed ora è al terzultimo posto nella graduatoria delle centodieci città, e anche Roma è in caduta libera, perde diciannove posizioni in un solo anno, piazzandosi all’ottantottesimo posto.

Prima di giudicare se questo tipo di studi abbia senso, se i risultati coincidano con l’esperienza e la percezione di chi le città le vive ogni giorno, è importante comprendere cosa veramente la ricerca si propone di misurare, che è la qualità della vita non delle singole città, ma delle province, cioè di sistemi urbani più ampi.

Detto questo, il primo messaggio che viene dalla lettura della graduatoria 2016 è una difficoltà complessiva che riguarda tutte le grandi città metropolitane del paese, rispetto ai centri di minori dimensioni, la cosiddetta “provincia”.

Milano, Torino, Roma e Napoli si trovano tutte sulla parte destra della classifica, lontane dalle posizioni di vertice, e tutte, con l’eccezione di Torino, perdono colpi, peggiorando visibilmente rispetto all’anno prima.

Anche la Milano scintillante dell’Expo, alla quale molti guardano come la città italiana più dinamica, maggiormente in grado di rinnovarsi, di reggere la sfida con il resto d’Europa. Queste quattro città metropolitane inglobano 663 comuni, nei quali vive il 20 per cento della popolazione italiana, sul 5 per cento appena del territorio nazionale. Si tratta dunque delle aree del paese di massima densità e complessità urbana. All’opposto, per capirci, la città di Mantova, che quest’anno è in vetta alla graduatoria, ha quarantanovemila abitanti, meno del quartiere dove vivo, e tutta la sua provincia ha quattrocentomila abitanti, collocati in modo piuttosto ordinato e distribuito, su un territorio che è il doppio di quello della provincia di Napoli, che ne ospita più di tre milioni.

Insomma, questa classifica della qualità della vita somiglia a un Gran Premio dove accanto alle macchine da corsa gareggiano i caterpillar, ma sarebbe sbagliato dare un giudizio riduttivo e liquidare tutto così, perché è vero che l’Italia da troppo tempo ha smesso di fare politiche nazionali per migliorare la qualità dei suoi sistemi urbani.

Le vecchie province sono state mandate in soffitta, e le nuove Città metropolitane stentano ancora ad assumere un ruolo di guida e coordinamento. Ma la storia non finisce qui, perché c’è il lato più doloroso per noi, ed è la cesura tra il Mezzogiorno del paese, dove secondo la classifica si concentra larga parte del disagio urbano, e il resto d’Italia, dove i sistemi urbani sono comunque in grado di offrire ai cittadini un paniere di servizi ed opportunità almeno sufficiente, se non soddisfacente.

Insomma, Milano e Torino non brillano, ma rimangono pur sempre nel quadrante positivo della qualità urbana, quello dove l’offerta di lavoro, servizi, istruzione, salute, tempo libero è più vicina all’Europa. Roma e Napoli arrancano invece nel quadrante grigio, quello dove prevale la fatica quotidiana del vivere.

Ad ogni modo, il messaggio per Napoli è particolarmente amaro perché la classifica di “ItaliaOggi” è lì a ricordare che il capoluogo non si salva da solo, che il giudizio su di esso non dipende dai luna park sul lungomare, ma dalla qualità delle sue periferie, e di quell’hinterland dimenticato, che comprende il novanta per cento del territorio, e nel quale vivono come possono i due terzi degli abitanti della città metropolitana. Di fronte a questa realtà particolarmente dura Napoli ha due strade, come sempre: rinchiudersi nei suoi confini fisici ed oleografici, o stringere una nuova alleanza con il territorio, con le altre novanta città, dai Lattari al lago Patria, passando per il Vesuvio, costruendolo davvero un governo metropolitano capace di invertire la rotta.