Giovanni Laino, Repubblica Napoli del 18 marzo 217

 Il governo darà al Comune per Scampia quasi 18 milioni per abbattere tre vele e riqualificare la vela B trasformata prima in case parcheggio e poi in nuova sede della Città metropolitana. Gli interventi sulle vele godranno anche di 9 milioni dei fondi del Pon Metro mentre con un terzo finanziamento statale di altri 40 milioni, assegnato alla Città metropolitana, saranno possibili altri interventi per Scampia e i Comuni vicini. Eliminando una grave condizione di degrado abitativo (le Vele così come sono oggi), migliorando lo stato di edifici scolastici e delle strade dei dintorni, si promette una rigenerazione urbana di un’area che potrebbe essere una delle zone omogenee della città metropolitana.

 Si sa che a Scampia sono ancora da completare altri cantieri edilizi: per la stazione della metropolitana, l’asse di via Gobetti, la sede di un corso di laurea dell’università (prima destinata alla Protezione civile), dopo che per circa quindici anni sono stati costruiti alloggi con tipologie più idonee per realizzare un effetto città, edifici più bassi con negozi sul fronte strada, migliori connessioni fra le parti del rione. Gli investimenti statali puntano a riqualificare le periferie delle città confidando più in generale su di una vecchia convinzione: quando lavorano le imprese edilizie a cascata si smuove un’ampia parte dell’economia. In alcuni casi i programmi finanziati in altre città prevedono qualche piccolo intervento immateriale, per i servizi alla popolazione, la dinamizzazione di attività culturali ma la grande mole degli investimenti (il totale a Napoli) è tutta concentrata sugli interventi fisici.

 Viene così riproposta una concezione che è sempre stata egemonica: la qualità della vita dei quartieri è determinabile dalle trasformazioni dello spazio fisico e dalla sola messa a disposizione di contenitori per servizi come scuole, attività sportive, poli artigianali, piazze telematiche. In diversi casi i contenitori costruiti sono stati vandalizzati senza mai diventare sedi di servizi oppure sono stati riconvertiti avendo constatato l’impossibilità di avviare le azioni previste dai programmi.

 È evidente una scarsissima propensione a riflettere dalle esperienze già fatte, anche a Napoli. Certamente il miglioramento del patrimonio edilizio come dell’assetto urbanistico dei quartieri può essere una buona cosa, come quella di dare ossigeno all’economia finanziando lavori edilizi. Si deve constatare però che, quando questi investimenti sono isolati e non affiancati da rilevanti investimenti che puntano sulla riqualificazione del capitale umano, l’efficacia è poca e in alcuni casi gli esiti sono rovinosi.

 In una prospettiva di europeizzazione delle politiche, dopo le pionieristiche esperienze francesi, in Italia con i contratti di quartiere e i Pic Urban, si provò a immaginare e realizzare interventi più integrati. Con pregi e difetti alcuni risultati sono stati molto positivi, per esempio a Torino. Il Mibac e alcune fondazioni da qualche anno provano a selezionare e sostenere progetti che nelle periferie mettono al centro iniziative culturali come lievito per sostenere e dinamizzare le comunità locali.

 Evitando posizione ideologiche va detto che è facile profezia dire che con l’impostazione centrata sulle pietre, gli investimenti saranno ben poco efficaci, fra venti anni avremo ancora le stesse periferie in cui sarà concentrata la sofferenza urbana e di molti contenitori dismessi o recuperati non si saprà bene cosa fare. Molti esperti delle amministrazioni pubbliche hanno imparato a costruire o restaurare contenitori ma non riescono a pensare e attivare in modo efficace i contenuti. Non riescono ad assumere in alcun modo un approccio place-people- based.

 La destinazione di una quota significativa di investimenti per le attività economico sociali, l’implicazione della popolazione locale, fatta anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni meglio radicate, l’attivazione in ruoli apicali di esperti di social e cultural planning, la costituzione da subito di dispositivi sul modello delle missioni locali di quartiere, sono condizioni necessarie per sperare in una qualche efficacia degli investimenti. Così sarà possibile fare molto meglio con meno.

In foto, i ragazzi dell’Orchestra di Scampia