Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli del 29 novembre 2017

Nel suo bell’articolo pubblicato ieri sulle pagine di “Repubblica Napoli”, (“La metropoli salvata dagli alberi”) Maurizio Fraissinet spiega molto bene l’importanza degli alberi in città, che non sono solo un elemento decorativo del paesaggio urbano, ma un infrastruttura verde che depura l’aria, trattiene gli inquinanti, mitiga la cosiddetta “bolla di calore”, proteggendo in questo modo la salute delle persone.

Non un lusso quindi, ma in tempi di global change, una impellente necessità. Il problema è che per ottenere questo, noi chiediamo ai frondosi ospiti verdi di vivere in condizioni particolari, in un ecosistema che non è il loro, dove lo spazio per le radici, i rami e le foglie spesso non c’è, e i poverini devono adattarsi come possono. Interferendo per di più con le pavimentazioni, i sottoservizi, gli edifici e l’arredo urbano.

La risposta, è evidente, sta nella cura e nella manutenzione: gli alberi sono esseri viventi, con le loro particolari esigenze che devono essere tenute di conto e, nei limiti del possibile, assecondate. Invece, quella cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, con le scriteriate capitozzature dei filari storici nelle vie più belle del Vomero – i platani sotto i quali giocava mio padre piccolino – è una specie di resa dei conti, di ridimensionamento brutale, con il quale sembra che la città voglia in una volta riprendersi lo spazio che queste silenziose creature hanno nei decenni faticosamente conquistato.

Questo modo di intervenire sbrigativo sugli alberi vetusti non solo è tecnicamente sbagliato, ma anche rischioso, perché è causa di squilibri ed instabilità futura. È un rinviare al futuro i problemi, aggravandoli. La cosa sorprendente poi, è che queste operazioni a quanto pare non sono state svolte da tecnici comunali, ma da ditte edilizie private, su incarico di soggetti privati, che hanno così inteso beneficiare l’amministrazione di un servizio di manutenzione al quale il Comune non riesce a far fronte per scarsità di uomini, mezzi e risorse finanziarie.

Questo grazioso scambio di servigi è il caso che cessi immediatamente, e bene ha fatto il sindaco a intervenire, seppur a cose mezzo fatte, con una moratoria. Perché gli alberi di Napoli sono un patrimonio pubblico, sul quale è abilitato a intervenire esclusivamente personale specializzato, sotto il controllo di funzionari comunali, nel quadro di un regolamento del verde (che attualmente manca) che detti regole, modi e finalità delle attività manutentive. Nelle città europee normali succede così.

Quella che serve poi, come al solito, è la programmazione, perché gli studi dicono che la vita media di un albero in città è intorno ai quarant’anni, e questo significa che è necessario prevedere un turn-over, per sostituire gli esemplari in condizioni critiche, mantenendo così nel tempo un patrimonio verde stabile nella sua composizione, di elevata qualità e funzionalità.

Tutte queste cose chiede ora a gran voce la rete di cittadini e comitati che su questi temi si è aggregata, proponendo all’amministrazione un manifesto sulla gestione del verde urbano. Bene ha fatto quindi Maurizio Fraissinet con il suo articolo di ieri a ricordarci che gli alberi non sono un ornamento, o un fastidio necessario, ma il più efficiente depuratore urbano.

Se l’infrastruttura verde c’è, manca evidentemente quella amministrativa e tecnica, e la sua ricostruzione e riorganizzazione dovrebbero essere nell’immediato i principali obiettivi del governo della città.