Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli 4 maggio 2019
E’ in questi giorni a Napoli dalla Georgetown University, dove lavora e insegna, John McNeill, tra i più noti storici dell’ambiente nel panorama internazionale. Lunedì 6 maggio alle ore 10, al CNR ISSM a via Guglielmo Sanfelice, il professore incontra studenti e ricercatori del CNR e della Federico II, in un’intervista autobiografica sulla sua lunga attività di studioso, ma anche sullo stato di salute e le prospettive della storia dell’ambiente, la disciplina che ha contribuito a fondare. L’incontro si preannuncia stimolante, anche perché in campo ambientalista c’è davvero in questo momento “qualcosa di nuovo sotto il sole”, per citare il titolo di uno dei libri più fortunati di Mc Neill, pubblicato in Italia da Einaudi.
C’è una ragazza svedese, Greta, che è sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, incontra capi di stato e leader religiosi, reclamando semplicemente il diritto dei più giovani a intervenire nelle decisioni prese unilateralmente da una generazione adulta che, quando gli effetti di quelle scelte sull’ecosistema e la vita delle persone si manifesteranno, probabilmente non sarà più sulla scena. Ci sono poi paesi europei come la Germania dove, in modo inaspettato, sono proprio i partiti ambientalisti, con una piattaforma di governo più matura e pragmatica, a proporsi come argine credibile al populismo.
Sarà interessante discutere di queste cose con John Mc Neill, comprendere effettivamente cosa è cambiato nel movimento ambientalista a scala globale, dopo i successi e le disillusioni degli anni ’70 e 80.
C’è inoltre per noi un ulteriore motivo di interesse. McNeill non è proprio digiuno di cose nostrane: il professore ha recentemente recensito l’edizione in lingua inglese della “Breve storia dell’ambiente in Italia”, di Gabriella Corona, che con Elisabetta Bini ha organizzato l’incontro. In Campania, le crisi dei rifiuti e della Terra dei fuochi hanno attirato l’interesse degli studiosi di tutto il mondo, per gli aspetti particolari di un conflitto ambientale e sociale che non riesce ancora a trovare sbocchi e soluzioni. Chissà che da McNeill non possa giungere qualche riflessione, magari qualche suggerimento in proposito.
Del resto, la grande cultura meridionalista ha sempre avuto, sin dagli scritti di Genovesi, Galanti, fino a Giustino Fortunato, Sereni e Rossi-Doria, una forte matrice ambientale. I problemi dello sviluppo del Mezzogiorno sono stati considerati da questi studiosi anche alla luce del rapporto non equilibrato tra le comunità e le risorse ambientali, storicamente oscillante tra gli estremi ugualmente dannosi di una pressione insostenibile o, all’opposto, dell’incuria e dell’abbandono. Sono temi che dal punto di vista della storia dell’ambiente – una disciplina che va forte nei paesi anglosassoni, e che in Italia meriterebbe più spazio e attenzione – assumono un respiro globale, riacquistano attualità e forza, come un filo rosso che non può essere spezzato.
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