Michele Serra, “La Repubblica” 26 novembre 2019
Quanto costa un uomo con la zappa e gli stivali di gomma?
Costa il tempo necessario a insegnargli che la zappa, che tiene pervio il fosso, pulita la canalina, sgombero il tubo di cemento, fa miracoli.
Credetemi, non è del passato contadino, non dell’improbabile arcadia di nonni sapienti che sto parlando. È del futuro.
Il governo delle acque, in un Paese per il settanta per cento montagnoso, è un insieme di grandi e piccole opere.
Le dighe enormi e gli argini possenti, le tonnellate di cemento e i viadotti che scavalcano i fiumi contano quanto il cesello paziente del territorio. Senza la cura del metro quadro, del rivo, del drenaggio che spurga la frana, nessuna grande opera basta a contenere la dissoluzione di un territorio dimenticato, tradito, omesso.
Ve la racconto io, e mi dovete ascoltare, la differenza tra l’acqua che viene giù disciplinata, lungo il reticolo anche minuto che solo l’uomo con la zappa e l’uomo con la ruspa (piccola, maneggevole) possono mantenere vivo; e l’acqua ingovernata, anarchica, lasciata alla sua cieca foga, che poco a poco svelle e trascina, cancella e distrugge. Grandi opere, ma certo, però per farne capire l’utilità e l’intelligenza, delle grandi opere, fatele parte di un sistema che riguarda tutti, proprio tutti. Date una zappa in mano a ogni studente, portatelo a vedere come funziona il monte, come funziona l’Italia. Se è una mania, pazienza, vale la pena passare per maniaco: servizio civile obbligatorio, di leva, per tutti, badile zappa piccone e stivaloni per ogni abitante di questo Paese, capi che insegnano, un esercito di soldati che impara. Cambierebbe l’Italia, cambierebbe dalle sue radici.
2 commenti
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27/11/2019 a 15:33
Antonella Cuomo
È verissimo, il lavoro dell’uomo con la zappa è alla base della gestione dell’ambiente. La contraddizione sta nel predicarlo a un paese che ha sempre trattato i contadini come cafoni da lasciarsi alle spalle.
Anche la “sinistra” di persone come Michele Serra non si è ricordata dei contadini al tempo delle vacche grasse, quando i viadotti reggevano e le frane non erano quotidiane, quando si sbancavano allegramente le montagne per costruire città operaie e si vendevano i concimi senza controllo.
A mio parere la soluzione non è in un immaginario servizio civile rurale.
Sta nel ripensare finalmente l’agricoltura non come un semplice processo produttivo da spingere all’estremo (l’agricoltura estensiva delle grandi aziende, cioè l’esito inevitabile del capitalismo agrario), ma come un sistema complesso di azioni sul territorio, finalizzate alla gestione delle sue risorse (composizione e capacità dei suoli, distribuzione razionale delle acque, modalità di produzione, ecc.) di cui i contadini siano gli attori primari.
Questo richiederebbe il recupero delle strutture architettoniche esistenti e una corretta politica dei servizi, cioè non soltanto strade, ma anche comunicazioni, scuole e sanità nelle aree coltivabili.
Michele Serra sembra invece immaginare un deserto umano, sospeso sull’orlo del baratro ma governato da una specie di gulag manutentivo, da un ufficio centrale di educazione alla zappa.
Per la cronaca, i cinesi ci hanno provato quarant’anni fa. Hanno finito per distruggere l’ambiente del loro paese e per comprare i diritti di sfruttamento di territori in altri continenti (l’Africa). La loro agricoltura, prospera per millenni, affanna sotto le esigenze di una nazione orientata all’urbanizzazione selvaggia, mentre la vecchia Cina rurale sprofonda nell’abbandono.
Mi fermo qui. Dopo una vita “di sinistra”, mi dispiace constatare la distanza tra la “sinistra” e l’uomo. L’uomo con la zappa ha anche un cervello, una dignità e la capacità di immaginare il futuro.
29/11/2019 a 11:36
antonio di gennaro
Cara Antonella grazie, condivido molto di quello che dici. Una strategia per il territorio rurale l’Italia in questo momento non ce l’ha, nascondendosi dietro i regolamenti della PAC, la politica agricola comunitaria, che non sono una strategia, ma uno strumento che ogni paese dovrebbe usare per attuare la propria. Delle righe di Serra ho apprezzato molto una cosa in particolare: lasciando stare stare la zappa, l’idea che la cultura del territorio e la sua manutenzione siano elementi di una cultura civica diffusa, bagaglio di ogni cittadino.