Antonio Di Gennaro, Repubblica Napoli 26 novembre 2021

Finalmente segnali di vita da Bagnoli. Le novità sono diverse. C’è stato innanzitutto il lavoro intelligente della ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, che ha consentito finalmente di ridisegnare la governance per il recupero dell’ex area siderurgica, superando la paralisi completa durata sette anni, prodotta dalla legge “Sblocca-Italia”. Questa, allo sgangherato articolo 33, individuava il dominus assoluto delle operazioni nel soggetto attuatore Invitalia, una tecnostruttura autoreferenziale, anche proprietaria del suoli, affiancata a un commissario del tutto privo di poteri, ordinari o straordinari che fossero, relegato a funzioni coreografiche, di rappresentanza. Il recente decreto del governo Draghi rimuove quest’ambiguità, attribuendo – sono parole della ministra – «responsabilità definite e poteri chiari nelle mani del rappresentante eletto dai cittadini: il sindaco del Comune di Napoli, individuato ex lege come commissario, dotato di una struttura ad hoc di supporto».

Le prime dichiarazioni del sindaco Manfredi-commissario sono state confortanti, improntate a realismo e responsabilità: «Su Bagnoli si sta facendo una ricognizione molto dettagliata sullo stato di avanzamento, la quantificazione dei costi e il grado di copertura. Questo ci consentirà di avere una fotografia concreta e realistica della situazione, che poi condivideremo anche con i cittadini perché è opportuno che su questa vicenda ci sia chiarezza assoluta su quello che si è fatto, dei tempi e dei costi».

L’attenzione è ritornata anche sulle infrastrutture, del tutto assenti nel piano fantasioso predisposto da Invitalia, che pure fu definito nel parere ufficiale del ministero dell’Ambiente, proprio per queste lacune, come un esercizio “puramente virtuale”. Ora il sindaco Manfredi pensa opportunamente di finanziare le infrastrutture con il Piano nazionale di recupero e resilienza, mentre la ministra si è offerta di coprire i costi di progettazione con il Fondo di Sviluppo e Coesione.

La sensazione di un cambio di passo è netta, come anche quella che uno scatto ulteriore sia assolutamente necessario, se davvero vogliamo uscire dalle paludi dell’ultimo settennio. Nelle sue dichiarazioni al parlamento la Carfagna ha sottolineato come il problema sia ora quello delle coperture finanziarie: manca all’appello un miliardo di euro per completare la bonifica, e nessuno sa dove possano andare a finire gli inerti e i fanghi provenienti dalla rimozione della colmata e dal dragaggio dei fondali per la bonifica a mare.

Se questo è vero, siamo ancora nella trappola senza uscita congegnata da Invitalia: quella di una bonifica ideologica, fine a sé stessa, non basata su alcuna seria analisi di rischio, come ha dichiarato nero su bianco l’Istituto superiore di protezione ambientale, bocciando in conferenza dei servizi uno strampalato e costosissimo progetto di bonifica del lotto di quindici ettari adiacente via Bagnoli, che prevedeva uno sbancamento fino a sei metri di profondità, imponendo invece una sobria messa in sicurezza.

È questa la strada, il cambio di paradigma necessario, se proprio vogliamo salvarlo questo pezzo di città: dalla bonifica alla messa in sicurezza, con le tecniche che tutto il mondo usa, sia ingegneristiche che agro-biologiche, sulla base di analisi di rischio rigorose, in tempi rapidi e senza dilapidare importanti risorse pubbliche che potrebbero essere indirizzate su obiettivi più motivati e urgenti.

Evitando assolutamente operazioni spericolate e inutili, come il dragaggio dei fondali, un’operazione sconsiderata che finirebbe per sconquassarlo definitivamente l’ecosistema marino.

Ha ragione il sindaco, il coinvolgimento della città è di fondamentale importanza per ricostruire un legame con i luoghi che s’è completamente perso. Prima del mare e della colmata, ha giustamente affermato, pensiamo a quello che avviene a terra.

Parole sacrosante, e la verità è che la terra non è più pericolo per gli uomini: nel frattempo che le cose a mano a mano si realizzano, non c’è più alcun motivo per non restituire l’area ai napoletani: una mattina d’azzurro, il sindaco che apre alla città il cancello del grande parco provvisorio, con la suggestione assoluta degli alberi ricresciuti in silenzio attorno all’enorme acciaieria rossa. È un esercizio di democrazia del quale la città ha bisogno, per avvertire davvero il senso della ripartenza. Sindaco, ministra, per favore, pensateci.