
Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli 30 gennaio 2023
Si presenta stamattina a partire dalle ore 10, nella Sala Cinese del Dipartimento di Agraria di Portici, l’ultimo lavoro di Alessandro Santini “La bonifica e lo sviluppo dell’agricoltura nell’Italia meridionale“, edito da Doppiavoce.
Un’opera destinata a durare, ampia, documentata, corredata da un’iconografia fantastica. Dall’antichità ai giorni nostri, il racconto del lavoro secolare di trasformazione del territorio del Sud Italia e della sua agricoltura attraverso la bonifica e l’irrigazione.
Un progetto di lunga durata nel quale istituzioni, politica, scienza, tecnica e cultura per una volta hanno lavorato insieme, lungo un filo rosso che parte da Antonio Genovesi e arriva a Manlio Rossi-Doria e agli sviluppi odierni, passando per gente come Antonio Genovesi, Giuseppe Maria Galanti, Giustino Fortunato, Francesco Saverio Nitti, Eugenio Azimonti, Arrigo Serpieri, Emilio Sereni, solo per fare qualche nome.
Il libro è la ricostruzione di una visione del territorio come bene primario, che è parte costitutiva della tradizione del migliore meridionalismo, che ha sempre portato nel suo DNA un’attenzione particolare alla gestione sostenibile delle risorse, come premessa per un benessere sociale durevole, in largo anticipo sullo sviluppo delle discipline ecologiche nel ventesimo secolo.
E’ evidente che non stiamo parlando solo di agricoltura: nel concetto di bonifica del territorio (non per nulla definita “integrale”) non c’è solo il prosciugamento e l’irrigazione, ma l’organizzazione attraverso la realizzazione delle opere pubbliche essenziali – le sistemazioni montane, i borghi, le strade, le strutture e gli spazi comuni – delle condizioni primarie di abitabilità in paesaggi dove la vita e il lavoro dell’uomo nei millenni era stata resa costantemente difficile dal disordine idraulico, dalla malaria e dal latifondo.
Questo in pianura come in montagna, perché quello che a Serpieri e agli altri grandi protagonisti di questa storia risulta chiarissimo, è che in Italia la sicurezza del territorio parte dall’Appennino.
Il risultato è quello di un grande progetto urbanistico di scala territoriale, prima che agricolo, con un altro aspetto determinante, che è l’integrazione dello sforzo pubblico con quello privato.
Così, nella legge sulla bonifica integrale di Arrigo Serpieri del 1924, all’interno di una programmazione e una regia pubblica, lo Stato e i privati lavorano insieme, con l’ente pubblico che si fa carico delle opere di interesse generale, e il privato della realizzazione delle migliorie di scala aziendale.
E’ grazie a questo approccio, proseguito in epoca repubblicana con la Riforma e la Cassa per il Mezzogiorno, che il sud del Paese ha cambiato faccia ed è entrato nella modernità, con le pianure costiere che a partire dalla metà del ‘900 si sono trasformate da paesaggi inospitali poveri d’uomini e attività, nel motore agricolo delle regioni meridionali. Il paradosso è che la bonifica di queste aree preziose ha costituito anche il presupposto per la loro urbanizzazione, che è aumentata di 6 volte in Campania dal dopoguerra ad oggi, passando da 20.000 a 120.000 ettari.
Le conseguenze nefaste sono molteplici: il consumo di suolo fertile, la disorganizzazione dei territori e delle reti, la perdita di senso dei paesaggi storici, e non ultima la migrazione verso la pianura di una fetta consistente di popolazione, con l’Appennino che si spopola e perde dal 1960 il 40% dei suoi abitanti.
Quella che dall’opera di Alessandro Santini risulta molto chiara è l’attualità e la modernità degli approcci raccontati, che risultano ancora pienamente validi proprio nei tempi che stiamo vivendo di cambiamento climatico, di adattamento a condizioni ambientali meno favorevoli, di transizione verso modi di produzione agricola più rispettosi della qualità delle risorse – suolo, acqua, aria, biodiversità, paesaggio – ma anche capaci di contribuire significativamente alla sicurezza alimentare del Paese.
E’ un lavoro che continua: accanto alle briglie e ai canali oggi lavoriamo coi satelliti e i sensori, i modelli previsionali, i sistemi informativi e la rete, ma lo spirito e la visione restano gli stessi, è lo stesso albero che continua ad offrire buoni frutti al Mezzogiorno e al Paese.
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