Antonio di Gennaro, 12 dicembre 2014
“Mai i rischi sono dubbi”, era il titolo dell’articolo pubblicato da Repubblica il 13 novembre 2013, nei giorni immediatamente seguenti il sequestro in quel comune, da parte della magistratura, di 13 pozzi agricoli, assieme ai 43 ettari di pregiate colture orticole che quei pozzi provvedevano ad irrigare. L’ipotesi di reato era quella di avvelenamento: l’acqua irrigua conteneva fluoruri, manganese, arsenico, che avrebbero contaminato i prodotti agricoli, mettendo a repentaglio la salute dei consumatori. L’articolo avanzava dubbi sull’ipotesi accusatoria. Quei composti chimici, si diceva, sono naturalmente presenti nella falda della piana vulcanica campana, così come nei suoli; fanno parte del cosiddetto “valore di fondo”. Per di più, essi non passano direttamente nei prodotti, perché il sistema suolo-pianta, grazie a Dio, funziona come un filtro formidabile. D’altro canto, l’elevata presenza di elementi minerali è uno degli indici della particolare fertilità dei suoli di Campania felix.
Ora la Cassazione, pronunciandosi nei giorni scorsi sul ricorso di uno degli agricoltori che aveva subito il sequestro, conferma che era proprio così. Non basta la presenza di quei composti nell’acqua per interdire attività agricole millenarie, tanto più che i prodotti agricoli sono risultati alla fine totalmente salubri e sicuri. Di avvelenamento, quindi, non è il caso di parlare. La sentenza, che a questo punto fa giurisprudenza, colma un vuoto legislativo che pure era stato evidenziato, e affida al Tribunale del Riesame il compito di riconsiderare, sulla base di queste assunzioni, l’istanza di dissequestro dei suoli, inizialmente respinta.
Nel frattempo un anno è trascorso, almeno tre cicli colturali sono saltati, il danno economico per i produttori agricoli si è rivelato esiziale. L’immagine delle attività agricole specializzate della piana campane ha ricevuto un colpo durissimo. Queste aziende devono essere aiutate a ripartire. Perché, alla fine, la crisi della piana campana si sta rivelando una grande, impegnativa esperienza di apprendimento collettivo. Stiamo insieme riscoprendo la natura e i problemi della nostra terra. Un’economia agricola “clandestina”, che pure produce il 40% del valore delle produzioni agricole regionali, in prevalenza assorbite dalle filiere lunghe del mercato globale, è finalmente riaffiorata nel dibattito pubblico. Questo mondo rurale invisibile, che inizia dove finisce la città, è una grande risorsa per il nostro futuro, ma deve essere protetto da un sistema efficiente di governo e cura del territorio. La supplenza giudiziaria, così come in altri campi, è utile e necessaria, ma da sola non basta.
Articolo pubblicato su Repubblica Napoli del 13 dicembre 2014 con il titolo: “Niente veleno nei terreni sequestrati dai magistrati”
In questo sito vedi il post del novembre 2013: “La lezione di Caivano”
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