Antonio di Gennaro, 19 dicembre 2014
Riassumendo, in un finale d’anno un po’ concitato, si è deciso di stanziare quattro milioni e mezzo per la S.C. Napoli ed altre società sportive, più mezzo milione per la diretta televisiva dello show di D’Alessio a piazza del Plebiscito e per un ciclo di spot, da mandare in onda sulle reti Mediaset e sulle TV locali da qui alla Befana. L’obiettivo è quello di rilanciare, a partire dallo sport e dallo spettacolo, l’immagine di una Campania positiva, salubre e ilare, contrastando così la cattiva nomea che ci siamo fatti con la Terra dei fuochi. I finanziamenti vengono dal Fondo di Coesione e Sviluppo, gestito dal governo centrale, ma si tratta di un’illusione ottica, perché si tratta di risorse comunitarie che le regioni del Sud non erano riuscite a spendere, e che sono state riprogrammate a Roma quando era ministro Fabrizio Barca. Insomma, erano soldi già nostri, lo Stato centrale sulla Terra dei fuochi non ha ancora sganciato di suo nemmeno un euro.
Questo cospicuo investimento in immagine – cinque milioni, ma il programma complessivo vale una ventina di milioni – supera di gran lunga quanto abbiamo speso finora per attuare il decreto “Terra dei fuochi” e per sostenere concretamente un comparto agricolo finito nell’occhio del ciclone. Pare di capire che la scelta sia quella di giocarcela tutta sulla comunicazione, ma rimane a questo punto da stabilire quanto i gorgheggi di D’Alessio e le piroette di Zapata siano veramente efficaci nel controbattere, all’interno di una narrazione pubblica fortemente suggestionata, l’ennesimo strampalato servizio delle Iene, o il sermone apocalittico sul “biocidio”.
La recente sentenza della Cassazione, che ha di fatto smontato l’impianto accusatorio alla base dei sequestri dei suoli agricoli di Caivano, parrebbe indicare una strada diversa per uscire dalla crisi, basata su azioni e conoscenze pertinenti. La verità dei fatti alla fine ha la possibilità e la forza di affermarsi. La nostra credibilità è tutta legata alla capacità che avremo nei prossimi anni di mettere ordine in un territorio scasciato da mezzo secolo di illegalità, e di proteggere quanto rimane di un patrimonio rurale e di un’economia agricola di inestimabile valore.
Ad ogni modo, è questo l’ultimo post che penso di dedicare per il momento a questa vicenda. Dal mio punto di vista, per quel poco o molto che sono riuscito a comprendere, e che ho cercato di raccontare nelle cronache e nei commenti di questi ultimi quindici mesi, le cose da fare e da sapere sono ormai note, sarebbe stucchevole ripeterle ancora, alimentando una rappresentazione pubblica sterile, che rischia di replicarsi a tempo indefinito. Da grande non aspiro a fare il “terrafuocologo“, ci sono cose più importanti e urgenti per la Campania. Auguri a tutti.
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