
Antonio di Gennaro e Roberta Ciaravino, Repubblica Napoli del 19 febbraio 2021
Per capire davvero come sta messo il Mezzogiorno occorre leggere le Relazioni sui Conti Pubblici Territoriali pubblicate ogni anno dall’Agenzia per la Coesione Territoriale. E’ una fotografia chiara, istituzionale, territorio per territorio, della spesa pubblica allargata, che comprende quindi quella dello Stato e degli Enti territoriali di governo, assieme agli investimenti delle aziende pubbliche come Ferrovie, Anas ecc.
Il racconto che emerge leggendo la relazione 2020 è assai chiaro: nell’ultimo ventennio il Centro-Nord, con il 64,9 per cento della popolazione, si è beccato il 73,4 per cento della spesa pubblica ordinaria, 9 punti in più del dovuto. Il Mezzogiorno invece, con il suo 35,1 per cento di popolazione, ha ricevuto mediamente il 26,6 per cento della spesa pubblica ordinaria, nonostante l’obiettivo, fissato per legge nel 2017, di riservare al Sud almeno il 34% delle risorse.
A occhio e croce, si legge sempre nel rapporto, nel ventennio considerato è mancato al Sud qualcosa come 2,6 miliardi l’anno. A riequilibrare in parte le cose intervengono le risorse integrative, in primis i fondi europei, che nel Mezzogiorno rappresentano grosso modo metà della spesa pubblica. Queste risorse integrative hanno perso dunque il loro ruolo di risorse aggiuntive, erogate al Mezzogiorno per recuperare il ritardo di sviluppo, trasformandosi in risorse sostitutive di una quota di spesa pubblica ordinaria che doveva esserci e invece non c’è.
Ora il tacito compromesso sta saltando, perché alle regioni del Centro-nord non sta più bene neanche questo, e vogliono ridiscutere i criteri di ripartizione delle risorse integrative, i soldi della Comunità europea, reclamandone una fetta più grossa, con la motivazione, come sintetizza Mauro Calise sul Mattino che “… gli unici attori in grado di spendere sono quelli che già lo sanno fare”. Stesso discorso per le risorse del Recovery fund.
Se in questo negoziato cruciale le regioni del Sud hanno opportunamente iniziato a fare squadra anche loro, un ruolo importante lo ha il governo Draghi, all’interno del quale però, dopo l’uscita di figure di garanzia come Provenzano e Manfredi, gli equilibri appaiono palesemente sbilanciati verso l’asse del Nord.
E’ evidente che in questa situazione il ruolo di garante lo ha il capo del governo, con alle spalle il presidente Mattarella. Con il suo “whatever it takes” Draghi ha sostenuto, nell’interesse di tutti, contro le grettezze e gli egoismi dei cosiddetti “frugali”, le ragioni di paesi come l’Italia, che sono il Mezzogiorno d’Europa, in questo modo portando in salvo l’euro e la costruzione europea.
Per salvare l’unità nazionale occorre ora un “whatever it takes” interno, in grado di domare gli esprits animaux nostrani, la smania disperata di quelli che pensano di salvarsi da soli. Nel discorso sobrio del presidente del Consiglio martedì in Senato, nello spirito repubblicano che lo anima, nelle righe non banali dedicate al Mezzogiorno, ci sono parole che indicano la direzione giusta, la convinzione di testa e di cuore che solo se riparte il Sud l’Italia può farcela davvero.
2 commenti
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21/02/2021 a 23:38
erminia romano
Troppo spesso nascondersi dietro al dito dell’INQUINAMENTO è semplicemente un alibi da parte di chi DOVREBBE intervenire (lo Stato!) per ridimensionare le eterne scarsissime risorse previste x il Sud e provvedere FINALMENTE al RIEQUILIBRIO rispetto al Nord|!!!
24/02/2021 a 16:22
breve
Tutto triste e tutto come secoli fa. La storia non insegna, i ricchi restano ricchi, i poveri più poveri. Narrazione che non ci troverà rassegnati. Grazie per l’articolo.