
Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli del 15 agosto 2021
Giovedì pomeriggio, dal Parco archeologico del Pausilypon, dove mi trovavo, il panorama sul Golfo era come al solito spettacolare, ma lo stesso il sangue s’è gelato vedendo la colonna di fumo imponente che saliva ai piedi del Vesuvio. Ardeva il bosco di Massa di Somma, e il pensiero è tornato all’estate drammatica del 2017, quando il fuoco s’è portato via metà delle pinete storiche che adornavano il vulcano.
Questa volta è andata meglio, l’intervento a terra dei Vigli del Fuoco e delle squadre regionali dell’antincendio boschivo è stato tempestivo, le fiamme sono state contenute e spente. Anche se ci aspettano almeno altre tre settimane di passione, il dato è che sino ad ora la Campania nel complesso sta reggendo, seppur con situazioni di locale criticità, soprattutto nelle province di Caserta e Benevento, dove si è purtroppo registrata una vittima.
Situazioni di massima emergenza si sono verificate altrove, nelle isole maggiori, Sardegna e Sicilia, poi in Calabria, ma il fenomeno è di scala continentale. Secondo gli scienziati che gestiscono il satellite europeo Copernicus, il Mediterraneo è diventato in quest’ultimo mese un “wildfire hotspot”, uno dei posti sulla Terra dove gli incendi stanno imperversando di più: tutta una fascia che nella carta del rischio di Copernicus appare colorata da una tetra tonalità rosso-violacea, dalla Sardegna alla Turchia, passando per Marocco, Libano, Albania, Macedonia del nord, Grecia.
Temperature ben al di sopra dei 40 gradi dell’anticiclone africano contribuiscono a sostenere il fenomeno, e sono ancora gli esperti ad affermare con certezza che non si tratta di una punta anomala, ma dell’espressione strutturale, ostile di un cambiamento climatico che non si arresta.
I danni in vite umane, animali e beni materiali sono ingenti. Di fronte alle conseguenze tragiche del fuoco il presidente Draghi ha dichiarato che il governo “… metterà in cantiere un programma di ristori per le persone e le imprese colpite, insieme a un piano straordinario di rimboschimento e messa in sicurezza del territorio.”
Sono le parole che è possibile dire a caldo, ma definire una strategia pubblica per affrontare queste cose è difficile, perché si è chiamati a fronteggiare i guai e le sofferenze dell’oggi, escogitando nel contempo le azioni necessarie a contrastare uno scenario di rischio che si proietta nei decenni e secoli avanti a noi, e gli aspetti contraddittori non mancano.
L’ultimo Inventario Forestale Nazionale che sarà presentato il prossimo autunno, dice che la superficie dei boschi italiani è in continuo aumento: i nuovi boschi coprono una superficie di 515mila ettari a scala nazionale (+4,9% rispetto al 2005). In Campania i nuovi boschi occupano una superficie di 42mila ettari, un incremento del 9,4% rispetto alla rilevazione 2005. E’ la prima volta, da un paio di secoli a questa parte, che la superficie forestale in Italia supera quella coltivata, e c’è poco da rallegrarsi, perché assieme al crollo demografico dei piccoli centri d’Appennino, il bosco che avanza rappresenta l’altra faccia dello spopolamento e della desertificazione antropica.
Questi nuovi boschi nascono orfani, senza qualcuno che se ne prenda cura. Perciò, se vogliamo difendere il suolo e immagazzinare la CO2, prima di piantare nuovi alberi, sarebbe meglio prenderci cura di quelli che già ci sono, ed è un problema non da poco, perché è dalla metà del Novecento che il sistema di gestione forestale è andato declinando in Italia, specie in Appennino, col polarizzarsi della popolazione e dell’agenda politica del Paese intorno a un sistema urbano cresciuto a dismisura.
E’ in questo nuovo “saltus” (le boscaglie degli antichi Romani) post-moderno che l’incendio impazza, e il nostro compito è quello di governare e gestire l’abbandono, che non è un ossimoro, ma una strategia di prevenzione seria, fatta di soluzioni sociali, economiche e agroforestali appropriate. Certo, parole come gestione, cura, prevenzione hanno scarso appeal, non vanno bene per riempire i telegiornali d’estate, ma un discorso laico, senza scorciatoie e slogan facili, è importante continuare a farlo.
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