Antonio di Gennaro, Repubblica Napoli del 30 marzo 2023

Si presenta oggi alle 16, nella sala “Catasti” dell’Archivio di Stato, il libro di Vezio De Lucia “L’Italia era bellissima. Città e paesaggio nell’Italia repubblicana”, DeriveApprodi editore, con gli interventi della direttrice dell’Archivio Candida Carrino, del giornalista Francesco Erbani e di Laura Lieto, assessore all’urbanistica e vicesindaco del comune di Napoli, moderati dalla storica dell’ambiente Gabriella Corona direttrice dell’ISMED- CNR.

Nel libro c’è il racconto agile e denso, 120 pagine che si leggono d’un fiato, del percorso difficile e contrastato lungo il quale la giovane repubblica ha guidato il paese nel passaggio brusco alla modernità: i pochi cruciali decenni, a partire dal secondo dopoguerra, nei quali il volto e l’organizzazione territoriale dell’Italia sono mutati irreversibilmente, dall’assetto rurale millenario, a quello odierno, metropolitano, dell’ottava economia mondiale.

L’importanza del libro sta nel fatto che non si tratta di una ricostruzione asettica, perché all’urbanistica e alle politiche per paesaggio e l’ambiente Vezio De Lucia ha dedicato l’intera vita professionale, amministrativa, politica, spesso con ruoli rilevanti, e allora molto del fascino e del calore che il racconto sprigiona sono proprio legati al carattere di testimonianza diretta, critica, apertamente schierata sulle vicende narrate, con l’obiettivo di tentare un bilancio, ma anche di indicare, nonostante le difficoltà, frustrazioni e battute d’arresto, una direzione futura possibile.

Nel racconto, un ruolo importante lo hanno le figure notevoli che De Lucia ha incontrato, che lo hanno ispirato, a fianco delle quali ha lavorato e lottato, su tutte quelle di Antonio Cederna, cui è dedicato un intero capitolo, e poi Eddy Salzano e Italo Insolera, le cui foto in bianco e nero nella sezione finale del libro visualizzano con straordinaria efficacia molti dei temi affrontati.

I fili che la narrazione segue sono molti, ma quello principale è legato all’incapacità drammatica, mostrata dalla Repubblica italiana nei suoi quasi ottant’anni anni di vita, di dotare il paese, sull’esempio delle altre democrazie liberali europee, di una disciplina nazionale sull’uso e la pianificazione dei suoli, in sostituzione della legge urbanistica fondamentale, che continua a rimanere quella promulgata dal regime fascista nel 1942.

Nelle democrazie europee di maggiore tradizione, a partire da quella inglese, il fatto che il suolo non sia un bene di mercato come un altro, ma una risorsa irriproducibile, disponibile in quantità limitata, sul cui utilizzo l’autorità pubblica debba mantenere una potestà superiore, a garanzia dell’interesse e del benessere collettivo, è ritenuta la precondizione affinché una vera economia di mercato possa svilupparsi. Principi sacrosanti, che in realtà sono presenti anche nella nostra Costituzione, in un pugno di articoli aurei – 3, 9, 32, 42, 43 – dai quali non è però mai scaturita da parte del parlamento una legislazione ordinaria conseguente.

Quello che rimane in Italia, dopo la riforma del Titolo V, è un mosaico disforme di leggi regionali la cui somma, è evidente, non è in grado minimamente di definire quell’idea unitaria e coerente di paese della quale abbiamo bisogno per convivere e competere nel contesto globale, e per assicurare ad ogni cittadino, sostenibilmente, la giusta quota di beni e servizi pubblici.

Preso atto di questo quadro di debolezza complessiva, la proposta di De Lucia per il futuro è improntata a un assai ragionevole pragmatismo operativo: per chi volesse in Italia spendersi ancora per la pianificazione pubblica delle risorse ambientali, dei paesaggi, dello spazio di vita delle persone, è inutile a questo punto puntare su nuove leggi, quanto sull’uso intelligente di quelle che già ci sono, a partire da ciò che rimane dalla legge fondamentale del ’42, dai principi importanti contenuti nel Codice del paesaggio del 2004, dall’integrazione delle leggi specialistiche per la difesa del suolo e per le aree protette, che pure sono una conquista importante dell’ultimo scorcio di ‘900.

Questo vale anche e soprattutto per Napoli. In più occasioni nei suoi interventi pubblici il vicesindaco Laura Lieto, che è anche assessore all’urbanistica e interverrà come detto nella presentazione del libro, ha affermato che il piano regolatore vigente è stato e rimane una risorsa per la città, con la sua visione di tutela delle aree verdi e del centro storico, e di trasformazione delle aree industriali dismesse a oriente e occidente della città. Quel piano, che ha decretato lo stop al consumo di suolo, è stato pensato all’inizio degli anni ’90, quando Vezio De Lucia ha ricoperto per poco più di tre anni la carica di assessore all’urbanistica nella prima giunta Bassolino.

E’ evidente dopo trent’anni, in questo mondo nuovo nel quale ci tocca vivere, profondamente mutato dalla crisi climatica, la pandemia, lo sviluppo della rete, gli assestamenti imprevisti nei rapporti internazionali, che l’amministrazione debba impegnarsi nella redazione di un nuovo piano urbanistico comunale, rinnovando la strategia di tutela attiva dei beni pubblici e del patrimonio storico, e liberando finalmente le trasformazioni a Bagnoli e a Napoli Est, intrappolate da una bonifica autoreferenziale all’italiana, che non ha mai termine, guardando alla scala metropolitana dei problemi e delle soluzioni. Perché alla fine, come scrive De Lucia nelle righe finali del volumetto, l’urbanistica contemporanea deve essere conservatrice e rivoluzionaria, come il partito pensato da Enrico Berlinguer.