L’istituzione a Chiaia della zona a traffico limitato, che ha scatenato proteste che non si vedevano da più di trent’anni in città, non funziona per molteplici ragioni, di contesto ma anche di merito.
I provvedimenti si calano infatti in una città già in agonia a causa di una triplice crisi.
Crisi economica innanzitutto, con le attività commerciali in ginocchio e i negozi di quartiere che chiudono.
Crisi del trasporto pubblico, con le società partecipate in dissesto, che non riescono più a garantire un decente livello di servizio.
Crisi del sistema di manutenzione della città, con il corpo fisico dell’urbs che cade a pezzi: le buche stradali e i palazzi che crollano sulla riviera sono aspetti differenti di uno stesso problema.
Poi ci sono gli aspetti di merito. Le pedonalizzazioni erano già previste dal Piano della rete stradale primaria, approvato dal comune tredici anni fa, ma lì erano inserite in una strategia generale. Che prevedeva di qualificare la rete stradale primaria, la rete di strade a maggiore capacità in grado di connettere le diverse parti della città, garantendo una mobilità quanto più possibile non veloce, ma fluida. E di pedonalizzare gradualmente la viabilità di quartiere di rango inferiore, nelle insule delimitate dalla viabilità primaria. Si assicurava così nel contempo lo spazio di vita per la gente, e un sistema circolatorio efficiente.
Le pedonalizzazioni di de Magistris occludono come emboli l’organismo della città, con gli effetti che i napoletani sperimentano in questi mesi difficili.
Brutta bestia il nuovismo, l’incapacità di sceverare, di apprezzare quanto di buono c’è nel lavoro di chi ci ha preceduto, magari migliorandolo, facendolo progredire, forti di una maggiore esperienza.
Siamo una comunità fragile, che riparte sempre da zero, senza storia e memoria, è un brutto guaio.
Pubblicato su Repubblica Napoli del 13 aprile 2013 col titolo “Le pedonalizzazioni sbagliate”.
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