Antonio di Gennaro, 12 maggio 2014
Può apparire un paradosso, ma non lo é, l’elezione avvenuta domenica scorsa, al Congresso di Slow food di Riva del Garda, di Gaetano Pascale a presidente nazionale dell’associazione. Gaetano è il primo leader della prestigiosa organizzazione che non proviene dal Piemonte: è nato a Telese Terme, e vive a Guardia Sanframondi, dove svolge il suo lavoro di agronomo, e conduce l’azienda agricola di famiglia. Il congresso l’ha vinto con più del 60% dei voti, proprio mettendo al centro del suo mandato le aziende agricole e i territori, con un programma non a caso intitolato ” Seminiamo il futuro…coltivando il presente”.
Potrebbe sembrare un paradosso, dicevamo, il fatto che Slow food si affidi proprio ora ad un presidente campano: l’associazione che in quasi trent’anni di attività ha imposto nel dibattito nazionale e globale la centralità, politica e soggettiva, di una nuova cultura dell’alimentazione, del diritto ad un cibo “buono, pulito e giusto”, sviluppando le idee e le intuizioni del suo fondatore, “Carlin” Petrini, divenuto nel frattempo un maître à penser discala planetaria.
Perché, in fondo, è proprio l’agricoltura della Campania a trovarsi in questi mesi sul banco degli imputati: se c’è da pensare ad un luogo dove il cibo che si produce risponde ai tre requisiti indicati da Slow food, probabilmente non è alla nostra regione che il cittadino/consumatore rivolge il suo primo pensiero. In questa situazione, certamente non semplice, l’elezione di Pascale rappresenta un riconoscimento alla bontà del lavoro svolto alla guida di Slow food Campania: un lavoro tutto rivolto alla promozione dal basso dei sistemi rurali e dello strepitoso bouquet di produzioni tipiche della Campania, anzi delle Campanie, perchè la nostra è la regione d’Europa a più elevata diversità biologica e culturale: non un territorio uniforme, ma piuttosto un mosaico strepitoso di paesaggi ed ecosistemi.
Tra i quali vi è certamente anche la piana campana, travolta dalla crisi mediatica, e qui il lavoro di Slow food si è fin dall’inizio orientato alla difesa, responsabile e scientificamente motivata, delle produzioni tradizionali della Terra di lavoro. Al centro di queste attività, c’è la conoscenza: conoscenza dei cibi, dei territori, delle relazioni e dei fattori che rendono unici i prodotti di ciascun paesaggio rurale, da intendere come un patrimonio comune di cultura e memoria da non disperdere, da curare e restaurare se ce n’è bisogno. Che sono poi anche i temi sui quali è stato costruito l’Expo 2015, e questo è certamente un paradosso, perché la biodiversità l’abbiamo noi, qui, ma è Milano a promuoverla a scala globale. Di fronte a questa sconfortante incapacità dei nostri territori di raccontare sé stessi al mondo, l’elezione di Gaetano Pascale costituisce un segnale importante di novità, di inversione di tendenza.
L’articolo è stato pubblicato su Repubblica Napoli del 13 maggio 2014
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